GIORNALINO "GIUGNO 2021" - USCITA SPECIALE ONLINE!
L ' A C A R O - A N N O V I I I - N. I V - G I U G N O 2021
ANNIBAL CARO
ERA UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA PT.4
Di Matteo Baldassarri
Il comandante stava tranquillamente bevendo una tazza di tè nella sua cabina. La crociera procedeva perfettamente. Il sole splendeva sulle piccole onde che si infrangevano sulla fiancata dell’imbarcazione, mentre dei delfini all’orizzonte giocavano allegramente.
Il sogno che tutto stesse andando bene venne interrotto da quattro colpi secchi sulla porta della sua cabina. Doveva essere il detective Ferrachue, a cui aveva chiesto di assegnare il compito di smascherare l’assassino che si nascondeva nella sua preziosissima barca. Aprì la porta e, come previsto, l’investigatore era lì, in piedi, con l’aiutante Castillon al suo seguito.
“Allora? Novità?” chiese impaziente.
“Certo, di novità ve ne sono molte” disse il detective “ma prima le vorrei fare delle domande, che potrebbero confermare o ribaltare completamente la situazione”
“Va bene, se è questo che serve per risolvere il mistero… Chiedetemi quello che volete”
“Per prima cosa… tè alla pesca o al limone?”
“Che razza di domanda è questa?”
“L’ha detto lei, le chiediamo quello che vogliamo”
Il capitano sbuffò “Pesca”
* lette queste parole, un terzo del pubblico dell’Acaro chiuse il giornalino all’istante. Un'altra parte continuò a leggere, seppur inorridita, mentre altri semplicemente continuarono con più entusiasmo*
“Ok, poi… Chi ha accesso al quadro elettrico della nave? Chiunque abbia compiuto l’omicidio, deve aver avuto accesso alle luci della nave intera, così da poterle spegnere a suo piacimento”
“Vediamo… i meccanici e gli elettricisti di bordo, gli addetti alle luci, che devono gestirle durante le serate di intrattenimento, e ovviamente io, il comandante”
“Poi, poi, poi” continuò Castillon “chi ha accesso, invece, alla sala videocamere, dove stranamente non sono stati ritrovati i video di sorveglianza dell’assassino durante la sua fuga?”
“Beh, a quei video ha accesso solo il personale di sicurezza, incluso quindi il sottoscritto”
“Quindi” concluse Pierre “lei ha accesso alle luci che sono state spente e ai video che sono stati eliminati. Nota niente di sospetto?”
Il capitano realizzò, ma l’interrogatorio andava avanti inesorabilmente.
“Sa, signor capitano, io l’ho visto bene il corpo della vittima. Dilaniato da artigli enormi, senza che questo avesse il minimo tempo di reagire in alcun modo. L’autopsia ci garantisce che quelle ferite lo abbiano ucciso in pochissimo tempo, come se fossero state inflitte tutte insieme. L’unica spiegazione è che ad ucciderlo sia stato un lupo mannaro”
“Non sta dicendo sul serio, vero?
“Certo che si. E siamo stati anche informati, da qualche… maggiordomo… che le sue abitudini sono proprio quelle di un licantropo. E siamo qui per confermarlo”
“Infatti” esordì Castillon, che nel frattempo stava mettendo sottosopra la cabina del povero comandante “come spiega queste lame, molto utili per affilare gli artigli di un lupo mannaro?”
“Ok, adesso lei si calma e posa la mia argenteria, che vale decine di migliaia-”
“E come spiega invece” continuò Ferrachue “queste pelli, sicuramente dovute alla muta del meta-lupo?”
“Giù le mani dalle pellicce di mia moglie! Se poco poco se ne rovina solo una quella lì mi tradisce con mio fratello. Di nuovo.”
“Ora mi dica, signor comandante” Ferrachue si mise proprio davanti a lui “dove si trovava lei la notte tra il 2 e il 16 agosto?”
“Ma l’omicidio è avvenuto a Giugno…”
“RISPONDA”
A quel punto si sentì un urlo. Al capitano si strapparono i vestiti, mentre la sua struttura fisica cresceva e lui si ingigantiva, ricoprendosi di pelo, mentre iniziava a distruggere tutto ciò che era nella cabina
“Impaurito, ha forzato una trasformazione, proprio come avevi previsto. Niente male” affermò Castillon.
“Lo so, lo so. Ora che abbiamo provato la sua colpevolezza, con la trasformazione, potresti dirmi il tuo piano per fermarlo?”
“Osserva” disse Castillon” Anzi… Ascolta”
Tre.
Due.
Uno.
“LE MIE PELLICCEEEEEEEEEEH”
Il grido della donna paralizzò tutti. A quel punto Pyer capì chi era entrata, e si congratulò con Castillon nella sua mente.
“COME HAI OSATO! TU! MOSTRO! QUESTE ME LE RIPAGHI TUTTE!” urlava la moglie del comandante, mentre colpiva ripetutamente l’abominio con la sua borsa Louis Vuitton, finché questo, sfinito dalla trasformazione forzata e dai colpi della donna, non si arrese, tornando alla sua forma originale.
“E anche questo è un caso risolto per i due detective!” si autoelogiò Castillon, mentre la donna bloccava i movimenti del marito usando delle manette e un bavaglio presi dal comodino di quest’ultimo. Quindi lei aggiunse:
“Bene, ora che abbiamo risolto…” indicò il capitano “sapete qual è la cabina di suo fratello?”
Gestione dell’alternanza scuola lavoro
Di Edoardo Zeppilli
(PREMESSA: questo articolo è stato scritto nella speranza di poter aiutare a organizzare meglio e non è volto a criticare in maniera particolare le persone che hanno dato il loro contributo al sistema attuale e il lavoro svolto.)
Chi ha cominciato l’alternanza scuola-lavoro quest’anno (parlo della mia personale esperienza e situazioni simili riscontrate parlando con altre persone che hanno scelto percorsi diversi dal mio) avrà sicuramente incontrato difficoltà e notato che, a volte, le risorse messe a disposizione dalla scuola, come anche alcuni degli esercizi assegnati siano privi di effettiva utilità.
Non dubito che l’impegno messo nel proprio lavoro dai docenti incaricati sia stato al massimo delle possibilità, ma purtroppo nel complesso vedo soltanto un insieme di compiti assegnati agli studenti con lo scopo di far trascorrere le giornate in attesa di tempi migliori.
Allora mi interrogo: perché far iniziare, e continuare, a lavorare i ragazzi in maniera asincrona, o addirittura senza far iniziare alcuni corsi, obbligandoli quindi a dover svolgere le ore durante il mese di maggio, il più carico di verifiche e d’estate?
Mi sono state riferite testimonianze di persone che hanno scoperto che la loro attività sarebbe dovuta iniziare in maniera asincrona, ma non hanno nemmeno ricevuto una mail. È davvero necessario fare queste attività? Non sarebbe stato meglio ridurre il numero di ore obbligatorie, in questa situazione di assoluta confusione causata dalla pandemia?
Un altro punto carente, secondo me, sono le lezioni pre-registrate fornite per alcuni corsi: non si può avere la sicurezza che lo studente usi correttamente le risorse, magari ritardando l’utilizzo fino al limite della scadenza, o che anzi non le usi proprio. Io suggerirei di organizzare video lezioni a orari fissi sempre con le stesse persone e strutturate in modo simile alle pre-registrate.
Infine descriverei la voragine organizzativa di questi due anni: l’orario. Negli altri anni l’alternanza veniva svolta durante l’orario scolastico, negli ultimi due anni no. Si è cercato in tutti i modi di lasciare inalterata la situazione, eppure le ore che erano normalmente impiegate per le attività, sono state assegnate a normali lezioni e quindi gli studenti già appesantiti dalla DAD, sono costretti a stare ulteriori ore davanti al computer non potendosi quindi concentrare sui normali compiti.
Tutto ciò che ho scritto è una critica costruttiva che spero possa essere usata per migliorare le attuali risorse.
Intervista ai Caporedattori
Di Sveva Maria Pilati
Nome: Francesco Efrem Bonetti
Età: 18 anni
Classe: 5CC
Segno zodiacale: Toro
Come e quando è stato il tuo primo incontro col giornalino?
È stato quando facevo la quinta elementare. Mio fratello Alessandro portava a casa i giornalini a cui partecipava quando era al ginnasio. Mi ricordo che mi divertivano molto, soprattutto le vignette. Il primo incontro vero e proprio, poi, è stato in quarto ginnasio. Ho partecipato alla prima riunione e mi sono subito trovato in un ambiente accogliente e interessante.
Come ti senti ad essere sia scrittore che caporedattore del giornalino?
Scrivere è un’attività bellissima: della scrittura mi piace come unisca la creatività con l’attenzione nella ricerca delle informazioni. Lavorare come caporedattore mi ha dato senso di responsabilità e attenzione alle scadenze. È un lavoro impegnativo ma anch’esso molto creativo.
Qual è la cosa che ami di più del giornalino?
Del giornalino amo come sia una realtà gestita interamente da studenti. Questo lo rende interessante per tutti gli studenti della nostra scuola, perché tutti vi si possono riconoscere. Inoltre, le riunioni sono un bellissimo momento di aggregazione per conoscere nuove persone e fare amicizia.
Cosa consiglieresti a coloro che vorrebbero scrivere sul giornalino ma si vergognano e perciò non lo fanno?
Mi sento di rassicurare tutti quelli che pensano che venire a una riunione significhi aderire in maniera perpetua al progetto: è possibile venire alle riunioni e non scrivere/disegnare nulla, è possibile scrivere un articolo e non partecipare più. In nessun caso vi sarà richiesto di venire con idee già chiare su ciò che volete realizzare: se vi viene in mente qualcosa ditelo senza vergognarvi, altrimenti sentitevi liberi di chiederci un consiglio. Quando ero al ginnasio mi trovavo spesso in imbarazzo nel presentare le mie idee al gruppo, sempre in preda al timore che potessero sembrare schiocche agli altri. Per questo so perfettamente come ci si sente. Se non vi va di presentare le idee davanti a tutto il gruppo, parlate in privato con uno dei caporedattori: troverete sempre chi vi darà consigli per la realizzazione dell’articolo.
Pensi che l’anno prossimo sarà possibile ritornare alle copie cartacee?
Questo chiaramente non è prevedibile al momento. Tutta la Redazione spera di sì: ci manca stampare e vendere in giro per le classi i nostri Acari. In ogni caso, sono molto contento di come, anche in queste circostanze e nei momenti più critici della pandemia, il giornalino sia continuato attraverso il nostro sito internet. Quando la situazione si risolverà, sono sicuro che tutti saranno ancora più carichi per ricominciare con le riunioni in presenza e i giornalini cartacei.
Nome: Valeria Maria Luzi
Età: 17 anni
Classe 4B
Segno zodiacale: Cancro
Come e quando è stato il tuo primo incontro col giornalino?
Il mio primo incontro col giornalino è stata la prima settimana di primo superiore e quando i caporedattori di quel tempo hanno appunto presentato il giornalino nelle classi e sin da subito ho sentito un legame molto forte con questa organizzazione anche perché ho percepito la sua unicità, il fatto appunto che altre scuole non lo hanno e quindi mi sono sentita molto attratta.
Come ti senti ad essere sia scrittrice che caporedattrice del giornalino?
Essere sia scrittrice che caporedattrice del giornalino è un’emozione unica e ho sempre aspirato a diventare una dei caporedattori, penso sia un’esperienza fantastica anche perché mi permette di stare a contatto con molte persone, molti studenti all’interno di tutto l’istituto e trovo sia una cosa semplicemente meravigliosa.
Qual è cosa che ami di più del giornalino?
Come ho già detto nella mia risposta precedente, la cosa che amo di più del giornalino è assolutamente lo stare a contatto con tutti i ragazzi di tutte le età, sia all’interno delle scienze umane sia del classico, perché trovo che il giornalino aumenti moltissimo il livello di interazione tra gli studenti e penso che sia una cosa unica.
Cosa consiglieresti a coloro che vorrebbero scrivere sul giornalino ma si vergognano e perciò non lo fanno?
Per tutti coloro che vorrebbero scrivere ma si vergognano e quindi non lo fanno, il mio consiglio è buttatevi! Potete scrivere anche articoli in anonimo se preferite, ma assolutamente buttatevi perché è un’esperienza unica che vi permetterà anche di inserirvi all’interno del contesto scolastico in maniera molto più fluida sarete più parte dal punto della comunità scolastica e potrete scrivere delle vostre idee, ma appunto se vi vergognate anche in anonimo potreste farlo benissimo quindi buttatevi mi raccomando!
Pensi che l’anno prossimo sarà possibile ritornare alle copie cartacee?
Penso che si tornerà alle copie cartacee, o almeno lo spero, fingers crossed come dicono qui in Inghilterra. Lo spero con tutta me stessa, perché anche passare nelle classi per vendere il giornalino era una parte fondamentale del giornalino stesso, incontrarsi fisicamente per fare le riunioni e programmare gli articoli era una parte importantissima. Quindi davvero spero con tutta me stessa che sarà possibile tornare alle copie cartacee.
Nome: Letizia Maria Petracci
Età: 17 anni
Classe: 4CC
Segno zodiacale: Leone ascendente capricorno
Com’è e quando è stato il tuo primo incontro col giornalino?
Il mio primo incontro è stato quando, alla notte del liceo classico del 2017, io che ancora facevo la terza media, sono entrata in una stanza in cui facevano la presentazione del giornalino e descrivevano il progetto i caporedattori di allora. In quel momento ho deciso che quando mi sarei iscritta, avrei partecipato senza esitazione.
Come ti senti ad essere sia scrittrice che caporedattrice del giornalino?
Mi sento molto stimolata: è davvero interessante vedere quante idee e stili di scrittura diversi si incontrano nel giornalino. È anche divertente vedere come funzioni da dietro le quinte e credo debbano farlo tutti almeno una volta, per rendersi conto del gran lavoro di gruppo che c’è dietro. Trovo che sia molto importante continuare a scrivere quando si diventa caporedattrice perché ti ricorda come hai iniziato.
Qual è cosa che ami di più del giornalino?
Mi piace tantissimo poter conoscere e leggere i pensieri dei ragazzi e delle ragazze che scrivono, non solo perché sono parte della redazione, ma anche perché sono parte della stessa scuola. È forse il posto più personale per gli studenti per scrivere davvero quello che sentono e sono.
Cosa consiglieresti a coloro che vorrebbero scrivere sul giornalino ma si vergognano e perciò non lo fanno?
Consiglierei di farsi coraggio e provare: il giornalino è proprio una bella esperienza per crescere e per conoscere tante persone. Nessuno giudica chi scrive gli articoli e, se il problema è la paura di esporsi pubblicamente, c’è sempre la possibilità di pubblicare gli articoli in anonimo. Non c’è motivo di vergognarsi ed è normale avere un po’ di paura, ma non è il caso di rinunciare, anzi fatevi avanti!
Pensi che l’anno prossimo sarà possibile ritornare alle copie cartacee?
Onestamente non lo so. Per quanto la carta sia tutta un’altra storia, trovo che il giornalino online sia una buona soluzione: molte più persone possono partecipare e possono leggerlo anche ragazzi di altre scuole. Si potrebbe decidere di stampare poche copie e di pubblicarlo anche online… vedremo cosa succederà.
ATTUALITÀ
Colpo di Stato in Myanmar: una lotta per la democrazia
Di Ludovica Guetti
https://www.voanews.com/east-asia-pacific/us-imposes-sanctions-after-myanmar-coup |
Nei primi giorni di febbraio 2021, in Myanmar l’esercito ha preso il potere con un colpo di stato, guidato dal leader delle forse dell’opposizione, arrestando i leader del partito di maggioranza tra cui Aung San Suu Kri. Le tensioni erano già iniziate dopo le elezioni svolte lo scorso novembre vinte dal partito delle Lega nazionale per la democrazia (NDL) guidato da Aung San Suu Kri. Dopo le elezioni l’opposizione aveva accusato il partito vincente di averle truccate.
Il 27 gennaio il generale dell’opposizione Min Aung Hlaing tenne un discorso con l’accademia militare in cui esprimeva la possibilità dell’abolizione della costituzione; si è pensato immediatamente all’avvertimento per un colpo di stato, però in seguito l’esercito ha smentito le parole del generale dicendo che erano state male interpretate.
Il lunedì però, i militari hanno arrestato i parlamentari del partito governante e il generale Min Aung Hlaing è salito al potere assicurando che i militari avrebbero garantito un “sistema democratico multipartitico basato sulla disciplina”. Il portavoce del NDL aveva già reso noto che più leader del partito erano stati arrestati ed ha invitato la popolazione a non cedere alla dittatura e a protestare.
Così, nella maggior parte del Paese sono state sventolate bandiere rosa della NDL per protesta contro il colpo, così facendo le forze di sicurezza hanno avviato una massiccia opera di repressione contro i protestanti e in alcune città è stata imposta la legge marziale che concede libertà ai militari contro i cortei.
Il segretario internazionale delle nazioni unite ha criticato gli sviluppi del Paese e ha definito gli eventi del primo febbraio “un grave colpo alle riforme democratiche” e ha chiesto ai leader di non usare la violenza e rispettare i diritti umani.
Un altro fatto rilevante è che non si hanno notizie sulla leader Aung San Suun Kri, si pensa sia stata portata in posto diverso rispetto ai parlamentari, inoltre, secondo un documento della polizia sarebbe stata accusata di aver violato la legge sulle importazioni in seguito alla perquisizione della sua casa dove avrebbero trovato una radio importata illegalmente.
Il Turkmenistan: una rigida dittatura di cui nessuno parla.
Di Maria Chiara Cinti
Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=433223 |
Diventato indipendente dall’URSS nel 1991, il Turkmenistan è una nazione dell'Asia centrale che si affaccia sul Mar Caspio. Questo paese poco conosciuto detiene diversi primati negativi: si piazza ultimo nella classifica dei paesi per libertà di stampa e quinto, secondo Amnesty, in quelli per la violazione dei diritti umani.
Cosa sta accadendo in Turkmenistan? Ė davvero molto difficile dirlo dal momento che i cittadini sono in totale isolamento e non possono comunicare con il mondo esterno. Non hanno accesso a internet, ai social media e le reti televisive straniere sono proibite. Per entrare nel paese è richiesto un visto speciale rilasciato dal governo Turkmeno che è quasi impossibile da ottenere, tanto che l’anno scorso il paese ha accolto soltanto 6000 visitatori. L’ultima Ong presente in Turkmenistan, Medici senza frontiere, se ne è andata nel 2017.
Le informazioni limitate di cui disponiamo provengono dai pochi fortunati che sono riusciti a fuggire: alcuni di loro hanno creato un sito web (turkmen.news) che pubblica quotidianamente le ultime notizie dal paese.
La storia moderna del Turkmenistan è caratterizzata da una serie di dittatori che hanno promosso un culto della personalità, a partire dal presidente Saparmyrat Nyyazow. Quest’ultimo, il cui mandato è durato dal 1990 al 2006, è noto per le sue tendenze alquanto megalomani: i suoi ritratti sono appesi in tutti gli edifici pubblici e privati delle città e le sue statue d'oro cangiante possono ancora essere ammirate per le vie della capitale Ashgabat. Nyyazow inoltre scrisse un libro, il Ruhnama , un’autobiografia ricca di insegnamenti morali che ancora oggi viene insegnata in tutte le scuole al pari del Corano. Tra le altre stravaganti iniziative del presidente troviamo il divieto agli uomini di farsi crescere la barba e anche la riforma dei mesi i cui nomi sono stati sostituiti con quelli di sua madre e degli eroi nazionali.
L'attuale presidente, Gurbanguly Berdimuhamedow, eletto nel 2006, sembra aver mantenuto le abitudini del suo predecessore, e non solo ha instaurato il proprio culto della personalità, ma ha anche aggravato la situazione economica del paese e proseguito una politica aggressiva contro le minoranze.
Le libertà fondamentali dell’uomo sono continuamente violate, alcuni gruppi religiosi come i testimoni di Geova sono perseguitati e le minoranze etniche represse. I giornalisti che si oppongono al regime vengono arrestati , torturati e spesso uccisi dalla polizia mentre gli omosessuali rischiano fino a 2 anni di carcere.
La democrazia è letteralmente inesistente, le istituzioni sono corrotte e controllate esclusivamente dai familiari e collaboratori del presidente. Nel 2016 il parlamento ha abolito i limiti di mandato per la presidenza, consentendo a Berdimuhamedow di candidarsi per un terzo mandato.
La popolazione vive nella povertà dovuta alla recente crisi economica, turkmen.news riporta che le file alle mense crescono sempre di più mentre la classe dirigente si arricchisce grazie al business del petrolio e delle miniere, dove spesso viene impiegato il lavoro minorile. Questa è la drammatica realtà che il governo Turkmeno vuole nascondere con sfarzosi edifici e statue splendenti, basta vedere la capitale per rendersi conto di questo “chiaroscuro”, una città surreale quasi distopica che sembra uscita da un romanzo di Orwell. Interamente ricostruita nel 1948 , Ashgabat è fatta completamente di marmo e di oro, gli imponenti palazzi sono circondati da innumerevoli statue celebrative, l'ultima trovata del presidente è stata proprio la commissione di una scultura che lo rappresenta a cavallo.
Difficile da credere, no? Eppure è proprio così, questi governi autoritari non appartengono solo al passato ma continuano ad esistere tuttora, e mentre in Occidente si compiono passi da gigante verso la libertà, il progresso e l'uguaglianza, è impensabile che altri esseri umani, esattamente uguali a noi, debbano rimanere indietro, “colpevoli” di essere nati nel posto sbagliato.
Sono venuta a conoscenza dell'assurda situazione di questa nazione puramente per caso. Mi sono presto resa conto che con la nostra inconsapevolezza favoriamo i regimi autoritari e voltiamo le spalle ai cittadini privati della propria libertà.
Perciò vorrei concludere con una riflessione: l'unica cosa che possiamo fare è parlarne, diffondere queste notizie e cercare di sensibilizzare il più possibile sull'argomento, per creare una maggiore consapevolezza che potrebbe portare ad una futura svolta cruciale.
CINEMA
BIG EYES: storia di un pittore, anzi, pittrice
Di Elisa Bacalini
“I vecchi e tristi colori dell’arte sono morti. Ora dipingo colori vivaci. Dipingo quadri felici, dove i bambini ridono e giocano con gli animali. Dipingo il Paradiso sulla Terra. Dipingo ancora tristezza a volte, ma c’è anche la tristezza nel mondo” - Margaret Keane
La pellicola “Big Eyes”, datata 2014, è magistralmente diretta da Tim Burton e interpretata dagli attori protagonisti Amy Adams e Christoph Waltz. Racconta l’avvincente storia, realmente accaduta tra gli anni Cinquanta-Sessanta, della pittrice Margaret Keane e del marito Walter Keane, a lungo ritenuto il vero artista che si celava dietro ai famosi quadri dei “trovatelli dai grandi occhi”.
Quando carica la figlioletta sull'automobile e lascia il primo marito, Margaret Ulbrich è una giovane donna senza soldi, che dipinge per passione e per necessità quadretti semi caricaturali di bambini dagli occhi smodatamente grandi. Le opere intrise di un cupo sentimentalismo raggiungeranno però un enorme e inaspettato successo quando a commercializzarle sarà Water Keane, secondo marito di Margaret, che se ne spaccerà l’autore fino a quando la vera artista non si ribellerà, in seguito a dieci anni di abusi.
Il centro dell'universo di Walter a metà degli anni '50 era un club beatnik di San Francisco, The Hungry i. Mentre sul palco si esibivano comici come Lenny Bruce e Bill Cosby, Walter vendeva i suoi quadri per bambini dagli occhi grandi. Una sera Margaret decise di andare al club con lui. “Mi aveva seduto in un angolo”, mi dice, “ed era lì, a parlare, a vendere quadri, quando qualcuno si è avvicinato a me e ha detto: 'Dipingi anche tu?' E improvvisamente ho pensato - solo uno shock orribile - "Si sta prendendo il merito dei miei dipinti?" Walter avrebbe potuto vedere dei bambini tristi nella Berlino del dopoguerra, ma non li aveva dipinti, perché non poteva dipingere per salvarsi la vita. Margaret era furiosa. A casa lo affrontò. Gli ha detto di smetterla. Ma invece è successo qualcosa di inaspettato.
I loro primi due anni furono felici, ma tutto ciò cambiò la notte presso il club “Hungry i”. "A casa ha cercato di spiegarlo", dice. “Ha detto: 'Abbiamo bisogno di soldi. È più probabile che le persone comprino un dipinto se pensano di parlare con l'artista. La gente non vuole pensare che non possa dipingere e ha bisogno che mia moglie dipinga. La gente pensa già che abbia dipinto gli occhi grandi e se improvvisamente dico che sei stato tu, creerà confusione e la gente inizierà a farci causa '. Mi stava raccontando tutti questi orribili problemi. " Walter ha offerto a Margaret una soluzione: "Insegnami a dipingere i bambini dagli occhi grandi". Così ha provato. “E quando non poteva farlo, è stata colpa mia. «Non mi stai insegnando bene. Potrei farlo se tu avessi più pazienza. Ci stavo davvero provando, ma era semplicemente impossibile. "
Nel periodo in cui viveva all'ombra di Walter, le opere dipinte da Keane tendevano a rappresentare bambini tristi, circondati da ambienti oscuri. Dopo aver lasciato l'ex-marito ed essersi trasferita alle Hawaii, l'artista divenne una testimone di Geova e le sue opere iniziarono ad avere uno stile più felice e luminoso. Il sito ufficiale di Keane ora descrive i suoi lavori come rappresentanti "lacrime di gioia" o "lacrime di felicità".
Nel 1970, infatti, Margaret Keane partecipò a una trasmissione radiofonica di Honolulu, dalla quale annunciò al mondo intero l'inganno di Walter Keane e che lei era la vera creatrice dei dipinti dai grandi occhi. Quando l'artista denunciò il marito per diffamazione alla Corte federale, in un famoso episodio il giudice ordinò a entrambi di creare nell'aula di tribunale un dipinto rappresentante un bambino dagli occhi enormi, in modo da poter determinare chi dei due stesse dicendo la verità. Walter si rifiutò di completare l'opera menzionando un dolore alla spalla, mentre Margaret completò il suo dipinto in 53 minuti. Dopo un processo durato tre settimane, la giuria giudicò Walter colpevole e lo condannò a risarcire Margaret per quattro milioni di dollari per i danni ricevuti.
Oggi, le pareti della casa di Margaret sono piene di dipinti di grandi occhi: bambini, barboncini, gattini. C'è a malapena un centimetro di spazio vuoto sulla parete. "Quel dipinto è il simbolo del suo trionfo sulle bugie", dice il genero di Margaret al giornalista Jon Ronson, mentre ci passa accanto verso la cucina.
In un'epoca, a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, in cui l'arte femminile non era presa seriamente in considerazione, il plagio che Walter opera ai danni della moglie si racconta come una storia d'amore della stessa epoca, all’inizio quasi idilliaca, ma che cela dietro l’apparente tranquillità un subdolo terrorismo psicologico. Ma il femminismo è alle porte e Margaret ne è a suo modo una pioniera.
After Life
"Hope is everything.”
by Valeria Maria Luzi
First episode date: 8 March 2019
Network: Netflix
Program creator: Ricky Gervais
Writers: Ricky Gervais
Nominations: Satellite Award for Best Actor in a Series, Comedy or Musical
“After Life" is a dark comedy about a newspaper journalist (Ricky Gervais’ character Tony) who loses his mind after the death of his wife.
Plot:
Tony is a man who had a perfect life. But after his wife Lisa dies, Tony changes. After contemplating taking his own life in many different ways, he decides instead to live long enough to punish the world by saying and doing whatever he likes from now on. He thinks it’s like a super power, not caring about himself or anyone else; but it turns out to be tricky when everyone is trying to save the nice guy they used to know...
Tony's tough adventure through his new life is set in the fictional town of Tambury, where Tony works as a journalist at a local free newspaper, the Tambury Gazette.
WARNING: contains spoilers from After Life season 1!!
The show ended on a hopeful, life-affirming note as Tony (played by Ricky Gervais) realised he had more ahead of him, and his not nice ways didn’t pay.
Following his misery, Tony discovered all his friends and family cared about him, desperately banding together to try and help him through his bereavement.
Few weeks ago, Ricky Gervais announced the cast has started filming the third season, that will be probably released in 2022, so... STAY TUNED!
Following
Di Letizia Maria Petracci
"[…] è come quando vai allo stadio alla partita e c’è tutta quella gente e lasci scorrere lo sguardo sulla folla, poco a poco lo sguardo si ferma, si fissa su una persona, e quella persona non fa più parte della folla. Diventa un individuo, di colpo. Una cosa irresistibile!"
“Following” è il film esordio di Christopher Nolan. Uscito nel 1998, è un film originale sotto ogni aspetto: girato in bianco e nero su pellicola 16mm, con un budget praticamente nullo e solo nei weekend; gli attori non vennero neppure pagati.
Racconta la storia di un uomo disoccupato, aspirante scrittore, che decide di seguire per le vie di Londra persone scelte a caso. Una di queste lo fermerà e gli chiederà di seguirlo. Così inizia una storia curiosa, che va a sviscerare l’animo umano.
Nolan è addetto alla regia, alla sceneggiatura, alla fotografia, al montaggio ed è anche produttore di questo film, che per quanto prima pellicola da regista, ha già chiari i concetti fondamentali della sua produzione futura, gli stessi si ritroveranno in film come “Memento” e “Inception”: le paranoie, la vendetta, l’assoluta mancanza di linearità del tempo nella narrazione dei fatti, i personaggi senza nome.
Come ogni prima opera, anche “Following” rappresenta la vera essenza dei pensieri del regista e sa essere profondamente umana, al punto tale da intrufolarsi nelle vite delle persone: smaschera le contraddizioni, le debolezze di ognuno, l’attaccamento ai ricordi. Celeberrima battuta del film:
“Tutti hanno una scatola…Everybody has a box”
Riflette sull’unicità dell’essere umano che è comunque più simile agli altri di quanto pensi: tutti provano gli stessi sentimenti e tutti cercano di rimanere attaccati a quelle sensazioni ricordando. Ma di questo Nolan si occuperà anche nel famoso film “Memento” che segue cronologicamente “Following” e per questo condividono la stessa aria di malinconia e di ricerca di sé.
Soul: un viaggio nell’animo umano
Di Benedetta Travaglini
La 23esima fatica firmata Pixar Animation Studio è stata una vera e propria scommessa. Dopo le dimissioni del direttore creativo di casa Pixar John Lasseter, il suo successore, il regista vincitore di due premi Oscar Pete Docter, dopo l’acclamato Inside Out nel 2016, non aveva più diretto personalmente un altro film d’animazione.
Dopo i magri incassi del delizioso Onward, la casa d’animazione ha deciso di distribuire il suo ultimo lavoro sulla piattaforma streaming Disney+ e ha ottenuto ben presto un successo straordinario, tanto da arrivare a vincere non uno, ma ben due Academy Awards: miglior film d’animazione e miglior colonna sonora.
Ma qual è il segreto di questo film?
Prima di tutto, occorre fare un passo indietro, precisamente nel 2016: Pete Docter, dopo aver viaggiato nel mondo delle emozioni con Inside Out, ha una crisi d’identità e rimane in una situazione di stallo, in quanto crede di aver raggiunto il suo massimo risultato. Proprio qui nasce Soul: il regista decide, infatti, di andare più a fondo e di riflettere questa volta sull’origine delle personalità umane e del loro destino.
Il protagonista è l’insegnante di musica Joe, un personaggio non particolarmente carismatico o brillante, ma è proprio questo che stuzzica immediatamente l’attenzione dello spettatore e lo rende così vicino a lui: Joe è un uomo qualunque, inappagato dal suo lavoro, della sua vita, con una madre che vorrebbe vederlo “sistemato” a livello lavorativo e sentimentale, con un sogno nel cassetto che crede di poter ottenere seguendo la sua più grande passione: il jazz; ma basta la passione per sentirsi realizzati nella vita?
Dopo aver ottenuto un prestigioso ingaggio, Joe si ritroverà per sbaglio nell’Oltremondo dove intraprenderà un viaggio interiore che lo porterà ad interrogarsi sul senso della vita, un dubbio irrisolto da secoli e che continua ad affascinare l’uomo. Tutto questo insieme all’anima dell’Antemondo, il luogo dove le anime dei futuri nascituri vengono plasmate in base ai loro interessi e inclinazioni; 22, personaggio cinico e fortemente scoraggiato, ma con cui il pubblico entra subito in sintonia anche per la sua grande ironia.
La Pixar è riuscita a partorire il suo lungometraggio se non più maturo, sicuramente più umano. Joe, sebbene abbia raggiunto il sogno di un’intera vita, non si sente soddisfatto. Ha dedicato tutta la sua vita a raggiungere quel singolo obiettivo trascurando tutto il percorso, tutti i bei momenti, tutte le persone che gli volevano bene, dando ogni singolo istante come per scontato.
Soul invita, in un certo senso, al “carpe diem”, all’assaporare ogni singola piccola gioia della vita, come è per 22 magari mangiare la pizza per la prima volta, a non sprecare il proprio tempo vitale, a non rimanere abbagliati dalla fama e ad essere sempre pronti a nuove scoperte.
Joe e 22, a causa della loro paura di cambiare, rimangono fossilizzati in una routine che li opprime, ma solo grazie ad un tortuoso percorso di formazione riusciranno a comprendere che la realizzazione del proprio sogno nel cassetto non coincide con il senso ultimo della loro esistenza e che solo “vivendo” riusciranno a comprendere e ad apprezzare la bellezza di chi e di ciò che li circonda e a trovare ciò di cui hanno realmente bisogno.
Soprattutto in relazione al periodo di precarietà che il mondo sta vivendo al momento, Soul è un film che, seppur con qualche problema di linearità di trama, spinge a tante e diverse riflessioni (in base, principalmente, alla propria sensibilità), ma che ti fa anche sorridere e ti coinvolge profondamente a livello emotivo.
“Il Petroliere” – Recensione
Di Simone Formentini
“Il petroliere” del 2007, in originale “There will be blood”, è un film dello statunitense Paul Thomas Anderson, celebre regista di “Magnolia” del 1999, candidato a tre premi Oscar, e “Il filo nascosto” del 2017, vincitore del premio Oscar per i migliori costumi, riconosciuto dalla critica come uno dei maggiori cineasti del XXI secolo.
Il film, basato sul romanzo “Oil!” dello scrittore Upton Sinclair, racconta la storia di Daniel Plainview, cercatore d’argento che incidentalmente scopre il petrolio. Memorabile è il primo quarto d’ora del film, completamente muto, affresco della desolazione delle sterminate lande e della solitudine dei lavoratori.
Con vivide ricostruzioni d’epoca e un realismo curato e pulsante, il film mostra nella sua grandezza la maestria del regista, che regala al pubblico scene uniche e sensazionali, inquadrature suggestive e sempre perfette, senza mai sfociare nell’esibizionismo. La colonna sonora è originale del chitarrista Jonny Greenwood, abituale collaboratore del regista nonché chitarrista dei Radiohead.
Il regista, anche sceneggiatore, esplora i personaggi, facendone scorgere durante il film i tratti che li contraddistinguono e che rivelano la loro corruzione, l’avidità, l’insofferenza e il peccato. Densi i dialoghi, valorizzati dalla splendida recitazione degli attori: a partire da Daniel Day-Lewis nei panni del protagonista, che dagli sguardi alla camminata, dai baffoni al cappello, offre una rappresentazione lucida e spietata di Daniel Plainview che gli è valsa il terzo Oscar come migliore attore protagonista, tra i pochi ad aver raggiunto tale traguardo nella storia del cinema.
Un’altra grande prova di bravura è quella del giovane Paul Dano che con abilità e talento, tutt’altro che ordinari interpreta il volubile predicatore di provincia, in particolare straordinaria la scena in cui cura l’artrosi di un’anziana nella chiesa.
Anderson costruisce un protagonista emblema dell’America del primo Novecento e dell’uomo moderno, avido e avvelenato dalla bramosia, cieco nella sua ascesa, eppure lucido nell’arrivare, raccontando l’ambiguità del percorso di Daniel Plainview, tra anabasi e catabasi. Analizza il materialismo dei suoi rapporti: dal figlio che, adottato per la sua “tenerezza”, verrà ripudiato come un “bastardo trovato in un cesto”, al fratello che spunta di punto in bianco; il potere del denaro, che tutto piega e tutti corrompe, anche il più devoto e infervorato dei predicatori.
In conclusione, una figata.
CHICAGO
"So, I said to him, I said "You pop that gum one more time"
And he did
So, I took the shotgun off the wall
And I fired two warning shots
Into his head"
Di Valeria Maria Luzi
Genere: musical
Music by: John Kander; Danny Elfman; Steve Bartek
Produced by: Martin Richards
Release date: December 27, 2002
Trama (SPOILER ALERT!):
La storia è ispirata ai titoli urlanti dell'era della prima pagina e del decennio successivo.
Incontriamo Roxie Hart, sposata precocemente e incautamente, con Amos Hart (John C. Reilly), un marito ingenuo e perdutamente innamorato di sua moglie. Ma Roxie ha un amante, Fred Casely (Dominic West), che la parla dolcemente con promesse di celebrità; ma (SPOILER) quando scopre che è un terribile bugiardo, lo uccide e ottiene un biglietto di sola andata per la prigione di Chicago.
L'attrice inglese Renee Zellweger (Roxie) allora convince il marito a pagare per la sua difesa; mentre è dietro le sbarre, fa conoscenza di un'altra criminale, Catherine Zeta-Jones nei panni di Velma Kelly, che ha rotto il suo atto di vaudeville uccidendo suo marito e sua sorella mentre erano impegnati in una relazione clandestina. Richard Gere è Billy Flynn, l'avvocato astuto e costoso che si vanta di poter battere chiunque, ma per un compenso di $ 5.000. "If Jesus Christ had lived in Chicago and if he'd had $5,000, and had come to me--things would have turned out differently". L'ingenuo marito di Roxie è disposto a pagare la somma; ed è così che inizia un lungo e studiato processo... Ce la farà Roxie a riavere la sua libertà o sarà condannata alla forca? A VOI SCOPRIRLO!
Perché guardare "Chicago"?
"Chicago" continua la reinvenzione del musical iniziato con" Moulin Rouge". Questo non è un classico musical, è un unicum, qualcosa di assolutamente inaspettato: il film è una stravagante canzone e danza, con solo parole sufficienti per supportare la musica e permettere a tutti di riprendere fiato tra le canzoni.
Il film non modifica le regole del musical tanto quanto le porta a una lucentezza elettrica e aerodinamica. Il regista Rob Marshall, un veterano del palcoscenico al suo debutto sul grande schermo, percorre il film con entusiasmo. La coreografia non copia lo stile inimitabile di Fosse (Moulin Rouge), ma non è nemmeno lontano da esso; il film sfiora l'imitazione per rendere omaggio.
La decisione di utilizzare cantanti e ballerini non professionisti è sempre controversa nei musical. Di Zellweger e Gere, si può dire che sono persuasivi nei loro ruoli musicali e ben scelti come i loro personaggi. Zeta-Jones era, infatti, una ballerina professionista a Londra prima di decidere di lasciare la linea del coro e correre il rischio con la recitazione, e la sua danza nel film è un ricordo dei giorni d'oro; il film si apre con il suo numero "All that Jazz", che suona come una promessa che "Chicago" dovrà mantenere. E che buona idea scegliere Queen Latifah nel ruolo di Mama, la matrona della prigione…
LIBRI
"Il Piccolo Principe" di Antoine De Saint-Exupéry
Di Francesco Ercoli
By Antoine de Saint-Exupéry (1900–1944) - Page: http://www5e.biglobe.ne.jp/~p_prince/le_petit_prince_club_prive/img/book/The%20Little%20Prince%206th.jpg, Public Domain, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=7777341 |
Il piccolo principe è un racconto di Antoine de Saint-Exupéry che fu pubblicato il 6 aprile 1943 a New York, e successivamente nel 1945 anche in Francia. Il racconto è dedicato a Léon Werth, in particolare a “Léon Werth quando era un bambino” amico intimo e confidente dell’autore.
È uno fra i libri più famosi e venduti del XX secolo ed è stato tradotto in oltre 300 lingue, fra le quali contiamo il latino. La storia è stata messa in scena e raccontata in oltre 70 film, spettacoli teatrali e serie tv, ed è stata ispirazione di altrettante opere.
È la storia di un pilota di aerei che, dopo essere precipitato nel Sahara, incontra uno strano bambino: il Piccolo Principe che gli chiede di disegnargli una pecora. Il pilota non riuscendo nell’impresa disegna una scatola e dice al Piccolo Principe che la pecora vive all’interno di essa.
Soddisfatto del disegno il Piccolo Principe spiega al pilota che la pecora deve brucare i tanti germogli di Baobab che rischiano di distruggere il suo pianeta d’origine: L’asteroide B-612. Il pilota confuso inizia a fare domande al bambino ma ottiene in cambio solo altre domande e mai risposte, ma quando si sta per rassegnare il Piccolo Principe inizia a raccontare della sua Rosa, fiore dal carattere difficile di cui si prendeva cura sul suo pianeta e del suo viaggio attraverso l’universo, nel quale aveva conosciuto tanti «strani adulti».
I due diventano amici e il Piccolo Principe racconta al Pilota della sua permanenza sulla terra, dell’incontro con il serpente, che gli aveva promesso che, se avesse voluto, lo avrebbe aiutato a tornare sul suo pianeta, della scoperta dell’esistenza delle rose anche sulla terra, dell’addomesticamento della volpe e della sua nostalgia per la Rosa e B-612. Ad un certo punto il Piccolo Principe dice con aria triste che in realtà voleva molto bene alla sua Rosa ed è sicuro che anche lei gliene volesse.
Dopo aver ascoltato tutto il racconto, il pilota non è ancora riuscito a riparare il suo aereo e ha terminato la scorta d'acqua, così i due partono alla ricerca di un pozzo che troveranno solo dopo un’intera giornata di cammino. L’indomani l’aereo è pronto per ripartire e il pilota scorge il Piccolo Principe parlare con un serpente, impaurito corre dal bambino e cerca di metterlo in guardia ma il Piccolo Principe, impassibile, lo invita a guardare il cielo e a ricordarsi di lui ogni qual volta avesse osservato le stelle. Il pilota chiede spiegazioni e il Piccolo Principe afferma di aver addomesticato il pilota, proprio come aveva fatto con la volpe ed è consapevole che lasciando il pianeta causerà in lui un gran dispiacere, per questo lo invita a guardare le stelle pensando a lui.
Detto questo il serpente morde la caviglia del Piccolo Principe che, ad un anno esatto dal suo arrivo sulla Terra, ricade esanime sulla sabbia. L'indomani il pilota non riesce a ritrovare il corpo del bambino; così immagina che il piccolo principe sia riuscito a raggiungere il suo pianeta e a prendersi di nuovo cura della sua amata Rosa.
Il piccolo Principe dopo aver conosciuto vari “tipi” di adulti esclama «I grandi non capiscono mai niente da soli, ed è faticoso, per i bambini, star sempre lì a dargli delle spiegazioni». Questi incontri rappresentano una sorta di stereotipo della società moderna e in qualche modo mettono in luce i lati negativi di essa. L’opera di Antoine De Saint-Exupérie non è un “Libro per Bambini” ma è un racconto poetico che tocca i temi dell’amore, dell’amicizia, del senso della vita, del viaggio, della separazione e della Speranza… È proprio con la Speranza nel cuore che vi invito a leggere questo libro straordinario e vi esorto a non perdere mai quella Speranza di cui, in questo momento, abbiamo tanto bisogno…
"I Leoni di Sicilia" di Stefania Auci
Di Serena Di Stefano
Di 12Akragas12 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=105644345 |
Bagnara Calabra, 16 ottobre 1799. Un insolito tremore squassa le pareti della casa e desta dal sonno la famiglia Florio. È con la paura intrappolata negli occhi di Giuseppina, con il pianto disperato del piccolo Vincenzo, con la giovane Vittoria scossa dal terrore, che si apre il romanzo della Auci, indubbiamente il caso letterario del 2019.
Attraverso la paura che attanaglia i loro cuori, l’autrice ci presenta i personaggi con i quali intraprenderemo questo viaggio splendido, quanto tumultuoso. È proprio il terremoto ad accendere nei fratelli Florio - Paolo e Ignazio - la consapevolezza dell’imminente miseria che sembra gravare su di loro e a portarli a prendere una decisione che sconvolgerà per sempre la loro vita: lasciare Bagnara e trasferirsi nella ricca Palermo dove, insieme al cognato Pietro Barbaro, riescono ad acquistare una vecchia catapecchia che in seguito diventerà la loro aromateria.
Accompagneremo questi due fratelli di umili origini nel loro viaggio, assisteremo a tutti i sacrifici che compiono pur di realizzare il sogno di aprire una loro bottega, la putiedda, li vedremo arricchirsi e creare un vero e proprio impero che, nonostante la stima che pian piano riescono a guadagnarsi, resta comunque frutto del lavoro di due bagnaroti, di poveri arricchiti. Tuttavia, l’autrice non presenta soltanto uno scenario prettamente basato sulla loro ascesa economica e gli affari, bensì offre una panoramica generale sulle loro vite, comprendendo anche gli aspetti più personali.
Ci addentreremo, dunque, nel complicato rapporto coniugale di Giuseppina e Paolo e, d’altra parte, saremo testimoni dell’amore taciuto tra Giuseppina e Ignazio. Guarderemo crescere Vincenzo, figlio di Paolo ed erede diretto dell’attività del padre e dello zio, lo vedremo incrementare ulteriormente la potenza della sua famiglia e, nel frattempo, lo accompagneremo nella burrascosa storia d’amore con Giulia Portalupi.
Seguiremo non solo le forti personalità di questi uomini che danno vita alla più facoltosa dinastia imprenditoriale dell’Ottocento, bensì ci concentreremo anche sulle importanti figure femminili che agiscono al loro fianco e che assumono un ruolo determinante nel corso della narrazione.
Eventi storici, personali e imprenditoriali si fondono senza soluzione di continuità, dando vita a una storia scorrevole ma al tempo stesso pregna di importanti fatti storici. Al tutto fa da sfondo Palermo, importante snodo del commercio marittimo dell’epoca, presentata come una città viva, che si evolve e muta insieme a coloro che la abitano.
Dalle pagine sembra sprigionarsi l’odore del mare, diventa possibile udire lo sciabordio delle onde, sentire il caldo sole siciliano accarezzare la pelle e respirare l’odore penetrante delle varie spezie nell’aromateria. Stefania Auci, con la sua penna delicata quanto efficace, è riuscita a restituire la vita ai Florio, permettendo così di conoscere in maniera più approfondita le origini e l’evoluzione di una famiglia divenuta leggenda.
"Il conte di Montecristo"
Di Laura Fiorella Necoara
Di Paul Gavarni Поль Гаварни (рисунок Дантеса после побега) /Тони Джоханно (обложка журнала) - Bibliothèque nationale de France, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=17539493 |
“Fino al giorno in cui Dio si degnerà di svelare all’uomo l’avvenire, tutta la saggezza umana consisterà in queste due parole: attendere e sperare!”
“Il conte di Montecristo” è una delle storie più note della letteratura mondiale: tutti noi conosciamo le vicende che portano il povero marinaio Edmond Dantes a diventare il freddo conte assetato di vendetta che prende nome dall’isola.
Ma quanti possono dire di aver letto davvero questo capolavoro? Certamente molti riterranno inutile leggere qualcosa che si conosce già, ma la sorpresa sta proprio qui: ricredetevi perché il luogo comune non sfiora neanche la superficie dell’opera originale.
La trama, per quanto nota, è articolata in tal maniera da sorprendere continuamente. L’azione è sempre alta ed il ritmo della narrazione scorrevolissimo. La mole, è vero, può spaventare, ma di questo tomo una gran parte di pagine è dominata da dialoghi naturali, quasi ripetitivi, ma rivelatori dei personaggi. Le descrizioni sono poche ed essenziali, mancano i lunghi monologhi di introspezione in stile dostoevskijano. Tutto ciò gioca a favore di una lettura piacevole, di personaggi ben caratterizzati e mai noiosi o scontati.
Consiglio di non farsi ingannare dai primi capitoli che hanno l’aspetto di creare una storia cliché e che richiamano anche una vicenda possibilmente simile a quella de “I promessi sposi”. Una volta superati questi ed entrati nello Chateau d’If possiamo fare meglio la conoscenza del protagonista e, poi, inoltrarci nel racconto favoloso preparatoci da Dumas.
La trama come tutti sappiamo si incentra appunto sulla vendetta di Edmond, entrato in possesso di enormi ricchezze, contro coloro che, per scopi egoistici, lo hanno fatto rinchiudere in prigione per 14 anni: Fernando Mondego, divenuto conte di Morcef, colpevole a causa dell’amore che nutre verso Mercedes, sua cugina e fidanzata del giovane Dantes; Danglars, invidioso ed avido; Villefort, ambizioso magistrato e, per ultimo ma non meno importante, Caderousse, pusillanime.
La storia sembra essere diretta dal conte come se fosse il regista di una grande tragedia e, più che sapere se la vendetta riuscirà, il lettore è tentato di chiedersi come avverrà la macchinazione. La riuscita è data per scontata, tale è l’opulenza del conte che siamo persuasi possa ottenere tutto ciò che voglia. Molteplici sono le ambientazioni, dal porto di Marsiglia alla prigione, da Roma a Parigi. Tale è la cura del dettaglio che la meraviglia è una costante nell’animo del lettore. Può essere utile una conoscenza delle fiabe delle “Mille e una notte” per comprendere tutti i riferimenti che vengono fatti, ma la lettura non perde particolare spessore senza di essa.
Dal punto di vista tematico il romanzo è ricco di spunti di riflessione, da quelli più ovvi, come il potere della ricchezza e la vendetta, a quelli sfiorati dai personaggi en passant, come il discorso sulla pena di morte affrontato da Montecristo a Roma. Inoltre, ogni personaggio, anche il più ininfluente, ha una storia da raccontare che viene integrata a quella principale e, dunque, su ognuno di essi sono possibili riflessioni di svariata natura. Un esempio per tutti è Luigi Vampa, un personaggio decisamente affascinante, un bandito che legge il “De bello gallico” di Cesare e “Le vite” di Plutarco in attesa di sgozzare i suoi prigionieri o di ricevere il riscatto.
L’architettura del libro è articolatissima ed ogni sottotrama o trama parallela risulta, non solo utile al fine del racconto, ma anche gradevole e credibile. L’eccezionalità di questo romanzo sta proprio nella quantità spropositata di personaggi, quasi da far invidia a Tolstoj, di cui neanche uno passa inosservato. Nessuno è l’incarnazione di un ideale o di un peccato, nessuno è la semplice rappresentazione di un aspetto dell’animo umano, non c’è personaggio che non abbia una propria visione del mondo, dei difetti e delle virtù. Per questo, forse, l’inizio del romanzo più che sottotono è intenzionalmente fuorviante: i personaggi ci vengono appena introdotti quanto basta per comprendere chi debba essere l’eroe della storia e chi gli antagonisti.
Ma man mano che la storia procede i personaggi si rivelano e nessuno è più quello che era all’inizio: Edmond non è più ingenuo ed ottimista; Fernando, per quanto vile, è un personaggio ben comprensibile, geloso del rivale favorito e desideroso di farsi un nome, per quanto i mezzi possano essere meschini; Danglars è furbo; Villefort è un grande oratore, un bravo giudice, un padre ed un figlio affettuoso; Caderousse, per quanto ingordo di ricchezze, risulta realmente affezionato ai Dantes; Mercedes è quasi un’inetta, una madre che soffoca il figlio col suo affetto.
Sebbene la scrittura a più mani, di cui Dumas si avvalse, si percepisca, ciò non impedisce di trovarvi il lato positivo: in questo libro non manca nulla ed il linguaggio è variegato e adeguato agli avvenimenti trattati.
Il finale è avvolto in quell’aura di mistero che caratterizza il personaggio di Montecristo. Permette una finale riflessione sulla vicenda complessiva di Edmond, ma punta principalmente a spostare le speranze disilluse del principio del romanzo su una nuova generazione di sognatori.
“Il conte di Montecristo” è un libro che parla di luci e di ombre, gratitudine e rancore, ricchezza e povertà. Analizza il vivere umano ed i diversi modi di cercare la fortuna con crudo realismo dipingendo il peggio dell’uomo, ma accennando anche a qualche bell’esempio. Un libro che, in una società basata sull’apparenza ed il prezzo delle cose, ha ancora molto da insegnarci.
"Le notti bianche"
Di Ludovica Guetti
“Le notti bianche” è un capolavoro di Fëdor Dostoevskij pubblicato nel 1848, corretto nel 1859 dopo essere tornato dal suo esilio in Siberia, per tanto la versione del 1859 viene considerata definitiva.
Ci troviamo a Pietroburgo, durante una notte bianca e il protagonista del racconto, un sognatore romantico che passa le sue giornate immerso nella dimensione del sogno, passeggiando sul lungofiume incontra una bellissima ragazza di nome Nasten’ka che risveglia in lui il desiderio di vivere realmente.
Il romanzo si svolge in quattro notti durante le quali i due si raccontano la loro vita, instaurando un forte rapporto di amicizia: il protagonista rivela il suo mondo fatto di sogni e racconta il suo amore platonico verso una donna immaginaria. La ragazza gli confessa di vivere sotto il controllo della nonna cieca e che, ormai da più di un anno abbandonata dal suo grande amore, allontanatosi in cercare fortuna, aspetta che lui ritorni come aveva detto.
Assisteremo a quattro lunghe notti in cui il sognatore si innamorerà perdutamente della giovane, fino ad arrivare al tragico mattino, si renderà conto di quanto i sogni sono grigi e privi di significato rispetto alla realtà, tormentato tra l’amore e la malinconia.
Dalla dimensione dei sogni passerà subito ai rimpianti: “Come volano in fretta gli anni!” e di nuovo ti chiedi: “Cosa hai fatto con i tuoi anni? Dove hai sepolto il tuo tempo migliore? Hai vissuto o no?”. Diciamo a noi stessi: “Guarda come nel mondo si gela. Passeranno ancora altri anni, a loro seguirà una triste solitudine, arriverà la vecchiaia barcollante sulle grucce, e poi l’angoscia e la tristezza. Impallidirà il tuo mondo fantastico, svaniranno, appassiranno i tuoi sogni, e cadranno come le foglie gialle dagli alberi…”. “Oh Nasten’ka! Quanto sarà triste rimanere solo, completamente solo, e non avere nemmeno un rimpianto, nulla… perché tutto ciò che ho perduto non era nulla, era uno sciocco, rotondo zero, soltanto un sogno”
Qui il protagonista esprime la sua tristezza per non aver vissuto veramente, per non avere nessuno con lui e si rende conto di quanto i sogni non possano riempire la vita reale. Le quattro notti saranno i soli attimi di vera gioia e beatitudine del protagonista, il “mattino” rappresenterà per lui il risveglio dall’ennesimo sogno, il più reale di tutti.
In questo romanzo Dostoevskij ha voluto descrivere la vera natura del sogno, il personaggio del sognatore che non vive nella monotona ed effimera vita mondana di tutti i giorni descrive ciò che divide sogno e realtà. Parla dell’amore nella sua malinconica forma: un amore travolgente, vissuto a pieno, fino al triste epilogo. Ha desiderato avvolgere il lettore con un’intensa storia d’amore, facendoci capire i sentimenti più forti dell’essere umano, tanto che al termine del racconto ognuno di noi diviene consapevole di quanto quei sentimenti e quei pensieri facciano parte di ognuno di noi.
Infine, secondo il mio parere, questo breve romanzo riassume quelle emozioni che tutti, almeno una volta nella vita, sono destinati a provare: che siano vissute dalla parte del sognatore o dalla parte di Nasten’ka.
Bastano quattro notti per cambiare la vita distaccata di un sognatore?
MUSICA
Alla ricerca della melodia perduta
Di Alice Cruciani
Esiste una giornata dedicata alle scoperte casuali? La risposta è no. Abbiamo il Carbonara Day, la giornata mondiale della risata, la giornata del bacio… ma niente in onore di chi scopre casualmente grandi tesori. Eppure alcune scoperte casuali sono state veramente importanti e hanno arricchito la nostra vita: la scoperta di Pompei o della Domus aurea a Roma, per esempio.
La stessa cosa è accaduta anche nella musica.
Si narra, infatti, che l’odierna fama di Bach sia legata al prodigioso compositore Felix Mendelssohn, il quale ritrovò casualmente una sua composizione. Mendelssohn, non riconoscendo lo spartito, lo esaminò e, poiché lo trovava interessante, lo fece eseguire alla sua orchestra. Da qui molti si interessarono alla musica di Bach e iniziarono a ricercare le sue opere.
Un altro caso riguarda l’italiano Antonio Vivaldi. Il “prete rosso”, così soprannominato per i suoi capelli rossi, famosissimo in vita, dopo la sua morte fu totalmente dimenticato. I suoi manoscritti, dopo quasi due secoli, finirono nelle mani del musicologo Alberto Gentili. Egli ne comprese l’importanza e li fece acquistare alla Biblioteca Nazionale di Torino, strappandoli così dall’oblio. Questa storia è in realtà molto complessa ed è narrata in modo affascinante nel romanzo “L’affare di Vivaldi” di Federico Maria Sardelli.
Ancora oggi, anche nella nostra regione, molti manoscritti e documenti antichi, quali spartiti, composizioni, poesie, quadri, giacciono negli archivi ecclesiastici, comunali e nelle pinacoteche, senza essere stati ben valorizzati. Chissà quanti nuovi compositori o autori ancora da conoscere… Non è venuta anche a voi la voglia di andare a rovistare in soffitta alla ricerca di qualche spartito dimenticato?
Musica alternativa
Di Sofia Palloni
C’è una musica per tutto: una per ballare, una per innamorarsi, una per protestare contro il sistema, un’altra ancora per piangere la fine di una relazione. Non solo: ogni singola cultura ha generato, continua e continuerà a generare migliaia di musiche differenti, semplicemente impossibili da catalogare. Spotify, nel suo piccolo, ci ha provato, arrivando a suddividere i brani che ospita sul suo servizio in 1.369 generi. Tra cui stili pressoché sconosciuti dai nomi assurdi, come questi che seguono.
1. Catstep
È un sottogenere del popolarissimo filthstep. L'etichetta discografica canadese Monstercat è il più grande produttore di catstep.
Artisti: TheFatRat e Tristam.
Brani: Father and Son, Unity-theFatRat, Flight-Tristam
2. Ectofolk
Chi ricorda la vecchia mailing list di Ecto? A meno che tu non sia già un appassionato ascoltatore di musica anni ‘90, non lo potrai ricordare. Ecto è il nome di un album del cantautore americano Happy Rhodes - ma il genere include musica di artisti che hanno un approccio musicale simile alla band.
Artisti: Copre cantanti come Sarah McLachlan, Kate Bush, Tori Amos e Jane Siberry.
Brani: Calling all Angels- Jane Siberry, This Woman’s Work-Kate Bush
3. Zouk
Agli inizi degli anni '80, Zouk è emerso dai carnevali sulle isole caraibiche della Guadalupa e della Martinica. È noto per la sua vibrazione tropicale ottimista e il ritmo veloce.
Artisti: Jacob Desvarieux, Pierre-Edourad Decimus e George Decimus hanno reso famoso il genere, ma la sua band internazionale più importante è la band francese dei Kandav Antillean.
Brani: Amor sans loi- Marvin, Sale mood
4. Fado
Il fado ha le sue origini nel 1820 in Portogallo. I testi delle canzoni possono riguardare qualsiasi cosa, sebbene i temi siano storicamente incentrati sulla vita dei poveri. La musica stessa deve seguire una rigida struttura tradizionale.
Artisti: Madredeus e Rodrigo Leao sono alcuni dei suoi esponenti più famosi.
Brani: Fado potugues-amalia rodriges, Recusa-Mariza
5. Solipsynthm
Questo è uno per i veri hipsters là fuori. Spotify descrive il genere come "sperimentatore di laptop da solista" - ed è tutto ciò che ti aspetteresti che fosse.
Artisti: il più popolare sembra essere Mystery Skulls.
Brani: Love like this-KOdaline, Agape-Bear’s Dean
6. Neurofunk
Il Neurofunk è emerso a Londra alla fine degli anni '90. Sostituisce timbri industriali giustapponendo il funk hard con influenze che spaziano dalla techno, house e jazz.
Brani: These Day-Empereor, Into Black-Joe Ford
7. Straight Edge
Il bordo dritto può essere meglio descritto come "anti-punk". Mentre la composizione musicale delle canzoni è nello stampo punk, i testi si concentrano su evitare alcol, tabacco, droghe ricreative e caffeina.
Brani: No exit-Inclination, Make a change
8. C-86
Questo è probabilmente il nome del genere meno descrittivo sull'intera lista. Come Ectofolk, il genere è stato generato da un album. In questo caso, è stata una raccolta di cassette rilasciata dalla rivista musicale britannica NME nel 1986. Chitarre Jangling e strutture pop melodiche sono alla base della struttura musicale.
Brani: If you need Someone-The field Mice, Senitive
9. Soca
Le persone si riferiscono a Soca come "l'anima del calipso", ed è facile capire perché. Prende le sue influenze dalla cadenza, dal funk e dall'anima e si diffuse rapidamente in paesi come Trinidad e Tobago, Guyana, Santa Lucia e Barbados negli anni '70.
Brani: You-Machel, Montano
10. Screamo
Conosciuto anche come skramz, lo screamo è un sotto-genere di emo che è diventato prevalente nei primi anni '90. Mentre emo è conosciuto per i suoi testi espressivi e confessionali, lo screamo trae ispirazione dal dolore emotivo e dai diritti umani.
Brani: You’re not alone-Saosin, Sing to me-Before their eyes
11. Freakbeat
Freakbeat, è il genere che lega alcuni brani dei primi anni '60 della musica R & B del Regno Unito con le canzoni rock psichedeliche che sono state prodotte più tardi nel decennio. Gli esperti musicali lo hanno spesso descritto come la controparte inglese del garage rock degli anni '60.
Brani: Hold On-Sharon Tandy, My little red book-love
12. Soukous
Soukous è musica dance dal bacino del Congo in Africa. Cominciò negli anni '60 prima di diventare popolare in Francia negli anni '80. Il modo migliore per descriverlo è una versione più veloce della rumba.
Artisti: gruppi come African Fiesta, Papa Wemba e Pepe Kalle.
Brani: Afrique de l’ouest- African fiesta, Mokan-african fiesta
13. Zydeco
Zydeco è un genere ibrido fantastico che vede il blues della Louisiana entrare in collisione con la musica delle tribù indigene della Louisiana. La fisarmonica, il violino, il panciotto e la lavapiatti sono i quattro strumenti più tipici, ma ci sono anche molti suoni di chitarra.
Brani: Ya Ya, Joile fille
La riscoperta del vinile
Di Giulia Pistolesi
Negli ultimi anni si sta assistendo ad una vera e propria rinascita del vinile. Infatti, quello che molti consideravano solamente un pezzo vintage o addirittura di antiquariato, da qualche tempo sta dominando i mercati della cosiddetta ‘’industria musicale fisica’’.
Il vinile, o 33 giri, chiamato per sineddoche con il nome del materiale in cui è realizzato, veniva introdotto per la prima volta nel 1948 dalla Columbia Records, negli Stati Uniti, in sostituzione del più vecchio 78 giri. Per l’epoca fu una grande novità: infatti, grazie alla opportunità di incidere su entrambi i lati del disco, diventava possibile ascoltare un intero album tramite un unico supporto.
Negli anni ’80 però il destino del vinile veniva segnato profondamente dall’arrivo sul mercato dei CD, apparecchi molto più pratici e moderni. Negli ultimi decenni, inoltre, a causa della digitalizzazione e della diffusione delle applicazioni di streaming, anche questi ultimi sono stati in parte abbandonati.
Studi recenti, però, hanno dimostrato che, nonostante i supporti digitali siano di gran lunga i più utilizzati, il mercato del vinile, a differenza di quello del CD, è in continua crescita. Una ricerca della FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana) del 2019, ad esempio, ha registrato un incremento di vendite del 33 giri del +4,8% rispetto al semestre precedente; a fine anno il vinile occupava il 31% dell’intero mercato dei supporti fisici.
Ad oggi, sono sempre di più gli artisti che scelgono di produrre i propri album anche in questo formato, cosa che si era quasi del tutto interrotta durante gli anni ’90. Anche le ristampe dei grandi classici sono aumentate esponenzialmente, e molto spesso si tratta di versioni arricchite sia dal punto di vista contenutistico, con bonus track, contenuti editoriali, foto inedite; che di formato, in versioni picture o vinili colorati. Altro dato importante a confermare questo fenomeno di riscoperta è il fatto che, da due anni, il vinile sia l’oggetto più regalato a Natale.
Cosa avrà reso, quindi, a distanza di più di 30 anni di nuovo il vinile così popolare?
In un mondo in cui l’industria musicale è trainata dal digitale, il ritorno del vinile rappresenta una risposta da parte dei consumatori alla richiesta di una qualità maggiore sia dal punto di vista sonoro, sia da quello puramente estetico, legato alle copertine dei dischi e ai contenuti editoriali presenti. Questa riscoperta, non è stata solamente opera dei nostalgici che riconoscono nel 33 giri la pura rappresentazione della musica degli anni d’oro, ma anche dalle nuove generazioni.
Infatti anche i più giovani hanno scoperto progressivamente i pregi ed i vantaggi qualitativi del vinile, rispetto alle fruizioni digitali. Questo fenomeno è probabilmente dovuto a due motivi: da una parte il crescente diffondersi del vintage e dall’altra il fatto che molti giovani artisti contemporanei non si limitino a lanciare i propri album esclusivamente in formato digitale o CD, ma optano anche per la versione in vinile, creando un interesse più ampio verso un supporto che sembra essere immortale.
SPORT
Larissa Iapichino, la giovanissima fiamma della Nazionale
Di Greta Antolini
Di CilentoChannel Gianni Petrizzo, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=100276389 |
Si posiziona sulla pedana. Nella mente ha solo quel salto perfetto, quel salto da cui cerca di trarre ispirazione.
Il suo sguardo si posa sulla sabbia liscissima che tra poco la accoglierà. Nei suoi occhi c’è la fiamma dell'atleta, fiamma ricca di forza e di grinta pronte per essere sprigionate. Al collo una piccola collana con un chiodino, la divisa delle Fiamme Gialle, le scarpe per saltare. È pronta.
Si sbilancia leggermente indietro poi si getta nella rincorsa, fa gli ultimi passi, c’è la pedana, stacca, è pura energia, si alza in volo, libera, leggera, plana sopra la distesa di sabbia, atterra, si alza, silenzio. Ora attende il risultato di un bellissimo salto valido. Le luci rosse del monitor si accendono.
Larissa Iapichino ha saltato ben 6 metri e 91 centimetri. Sorride ancora incredula del risultato. È record del mondo under 20. Il suo volto si illumina di felicità.
È così che voglio presentarvi un’atleta in grado di farmi emozionare ogni volta. La diciottenne fiorentina figlia della grande saltatrice Fiona May e di Gianni Iapichino si definisce un po’ “ribelle”. Per otto anni ha praticato la ginnastica artistica dopo di che nell’ottobre del 2015, la vita le ha mostrato il meraviglioso mondo dell’atletica leggera. All’inizio non si distingue per la bravura nel salto e decide di dedicarsi alla corsa ad ostacoli quando nel 2017 arriva il primo risultato. Salta 5 metri e 94 e da lì intraprende la carriera da lunghista.
La sua vita da adolescente si intreccia tra liceo scientifico e allenamenti ma la giovane campionessa riesce a conciliare tutto grazie all’impegno e al suo sorriso che la contraddistingue sempre. Larissa è una ragazza imprevedibile.
Torun 2021, europei di atletica leggera. Larissa ha già fatto due salti ma la giornata non sembra essere delle migliori per l’atleta. Lei però non si scoraggia, vuole entrare tra le finaliste. Le è rimasto solo un salto a disposizione. È di nuovo pronta sulla pedana. Accanto a lei ci sono atlete provenienti da tutta Europa, l’emozione è fortissima. Il suo volto ci mostra tutta la sua grande concentrazione, nella testa c'è solo quel salto perfetto fatto ad Agropoli nel 2019, prende la rincorsa. Ogni passo emana potenza ed energia. Si slancia verso l’alto e vola verso quel risultato che la porta in finale.
Questa ragazza ci mostra che ogni ostacolo, anche quello apparentemente impossibile da saltare, può essere superato. Ci vuole grinta, coraggio e soprattutto credere in sé stessi. Ispirata dal suo idolo Usain Bolt, ci fa sognare sulle tante pedane affrontate durante allenamenti e gare.
Uno degli aspetti che più apprezzo di lei è quello di saper cogliere da ogni gara un po’ di esperienza in più. Che sia una competizione molto importante o di livello minore, lei cerca sempre di dare il meglio e di raccogliere da ogni avventura uno spunto per potersi sempre migliorare. La giovanissima atleta sogna le olimpiadi che questa estate saranno affiancate dal suo esame di maturità. In futuro vorrebbe andare all’università e intraprendere il percorso della giurisprudenza che la affascina fin da piccola. Non vedo l’ora di poterla rivedere mentre ci stupisce con i suoi incredibili e indescrivibili salti e la saluto citando il suo motto: “il meglio deve ancora venire!”
Il ritorno delle gare sportive
Di Alice Malintoppi
Spalti vuoti. Un silenzio assordante urla. Nessuna voce riecheggia tra le mura della palestra. Sembra essersi bloccato tutto, come si il mondo fosse stato messo in pausa da qualcuno.
Un po' di vita… Si torna in campo con gli occhi pieni di speranza, poi ancora silenzio. Anime in ostaggio di illusioni effimere e utopie irrealizzabili. Uno spiraglio di luce avanzava nel buio della solitudine, ormai ignorato dalla paura di rimanerci male, per l'ennesima volta.
Di tanto in tanto le speranze si facevano meno astratte e più concrete ed infine mi trovavo lì. Su quel campo. Io una palla, il canestro e il gioco più bello di questo mondo. Tutte le emozioni tornano. Sento il cuore battere talmente forte che sembra voler uscire dal mio corpo per raggiungere ciò che più amo. La palla tra le mani tremanti che diventano sicure e salde quando la stringo.
Lo sguardo fisso al canestro come un lupo con la sua preda. Mi metto la divisa, i calzini, le scarpe. Poi un passo, due...ecco, il campo. Quel teatro che solo tu, giocatore, puoi animare. Nel riscaldamento per l'adrenalina non lo comprendo nemmeno. È come se la mia mente stesse da tutta altra parte immaginando e fantasticando su ciò che potrebbe accadere di lì a poco. Mi immagino le azioni, i tiri, tutto.
Poi l'arbitro fischia. La palla nelle sue mani la alza e tutto sembra andare a rallentatore poi...ecco, la partita inizia e non pensi più a nulla, la tua mente smette di arrovellarsi su pensieri inutili e cominci semplicemente a fare ciò che ti fa star bene.
Siamo stati veramente privati di tutto ciò per un anno? Per 365 giorni siamo stati impossibilitati di fare ciò che più al mondo ci suscita emozioni? A me il basket piace perché mi fa sentire viva. In ogni secondo sono pervasa da diverse emozioni. Dalla gioia di una vittoria, alle lacrime che cadono sul parquet dopo una sconfitta, alla rabbia per un infortunio che ti impedisce di fare ciò che ti fa stare bene.
Lo sport è cura, sfogo, gioia e dolore. Lo sport è vita.
ARTE
Un'estate impressionista
Di Alice Petrozzi
L’estate è ormai alle porte ed è pronta a tornare a scaldarci con il suo sole luminoso!
L’estate è la stagione del mare, delle montagne illuminate dalla luce, della sabbia che ci sfiora, della brezza della sera, delle vacanze e della spensieratezza. La stagione della libertà e del fragore delle nostre risate non può che essere accolta, facendo la rassegna di alcune opere impressioniste che la elogiano con colori caldi e vivaci.
Tra queste, una delle più emblematiche è sicuramente I papaveri di Claude Monet. Un caldo pomeriggio estivo trascorso in un campo costellato di papaveri rossi, mettono in risalto le due figure raffiguranti la moglie dell’artista Camille e il figlio Jean, gli elementi di spicco del quadro. Qui la protagonista è la natura che viene valorizzata grazie all’utilizzo di colori decisi e vividi e grazie alla direzione della luce studiata nei minimi particolari.
Altro capolavoro dell’arte a tema estivo è Campo di grano con cipressi di Van Gogh del 1889. Il giallo dei campi di grano, il verde delle piante e i diversi toni dell’azzurro del cielo raffigurano a pieno la serenità, la leggerezza e la bellezza di questo periodo. Tale opera era considerata dall’artista una delle migliori che avesse mai dipinto, tanto da averla elogiata in una lettera indirizzata al caro fratello Theo.
Serata estiva sulla spiaggia di Skagen del 1899 è un quadro molto suggestivo che illustra la passione dell’autore Kroyer per la spiaggia e il mare. I personaggi ritratti si accingono a fare una passeggiata sulla riva sabbiosa del mare. La cromaticità del quadro è incentrata perlopiù sui toni dell’azzurro.
Donna con parasole in giardino di Renoir è un’opera strepitosa soprattutto per il colore vivo dei fiori che sembrano uscir fuori dal quadro. Realizzato nel 1875, tale dipinto raffigura a pieno la bellezza dell’estate e della sua aria calda ma piacevole.
Ultima, ma non per importanza, La colazione sull’erba di Manet è il simbolo della vacanza e dell’evasione durante un tranquillo pic-nic mattutino. La prospettiva aerea e i toni verdi del paesaggio circostante ci rendono partecipi di quella inaspettata disinvoltura e serenità, proprie dei personaggi raffigurati.
L’estate ci sta aspettando a braccia aperte e noi dobbiamo trovarci pronti ad accoglierla liberi da ogni affanno e angoscia, perché d’estate il paesaggio deve essere dominato da sorrisi spensierati, da visi sereni e dalla luce gialla del sole che si riflette sui prati rigonfi di girasoli e fiori colorati, proprio come immagini raffigurate in una opera d’arte impressionista!
Autoritratti d’autore
Di Elisa Bacalini
L’autoritratto ha sempre rappresentato nella storia dell’arte il desiderio dell’artista di lasciare una testimonianza di sé. Più che limitarsi a riportarne la fisicità, la volontà dell’autore è stata quella di trasmettere attraverso le proprie fattezze, vissuti e pensieri, riguardanti sé ma anche il mondo circostante, in modo che giungano irriflessi a noi, sovente attraverso lo stile caratteristico di chi lo realizza. Come sintetizza efficacemente il critico e collezionista Maurizio Fagiolo dell’Arco l’autoritratto è “il sublime ricordo dell’antico mito di Narciso, è la proiezione del passato nella storia. È allegoria ed emblema, racconto e menzogna. Può essere finzione assoluta o verità inconscia”.
I primi approcci alla pratica risalgono all’arte medievale, ma questo avrà particolare fortuna nell’età rinascimentale grazie ai grandi pittori dell’epoca, proveniente dai territori italiani o dell’Europa settentrionale. In questo periodo muta, infatti, la prospettiva culturale dell’uomo che si vede come centro del creato e dell’universo, e che lo porta ad un accrescimento dell’interesse nei confronti della sua figura.
Varie sono comunque le tipologie di autoritratto: principalmente però si parla di autoritratto esplicito, che dichiara “apertamente” la sua appartenenza al genere, e autoritratto nascosto – o “ambientato” -, nel quale l’autore non compare come soggetto principale dell’opera ma mascherato da uno dei protagonisti dell’opera.
Di quest’ultimi Raffaello fu un prolifico autore (per esempio, secondo alcuni studiosi, ne Il Parnaso, ne La cacciata di Eliodoro e nella Messa di Bolsena). Sicuramente il più famoso è quello che l’artista colloca tra i filosofi, matematici e astronomi che affollano La Scuola di Atene (1509-1511). Non molto distante, sulla scollatura della tunica di Euclide, il personaggio chinato a tracciare su una tavoletta una figura geometrica con il compasso, Raffaello ha anche lasciato le sue iniziali: “RVSM”: “Raphaël Urbinas Sua Manu”. Questa pratica aveva un chiaro significato ideologico:
«In tal modo gli artisti vengono a far parte della cerchia dei dotti, e le arti plastiche, considerate “meccaniche”, assurgono allo stesso piano delle “arti liberali”» (Lucia Impelluso): una orgogliosa autoaffermazione di dignità intellettuale dell’artista moderno.
Gli autoritratti di Frida Kahlo sono forse le opere più celebri della sua produzione: se ne conservano più di cinquantacinque. “Dal momento che i miei soggetti sono stati sempre le mie sensazioni, i miei stati mentali e le reazioni profonde che la vita è andata producendo in me, ho di frequente oggettivato tutto questo in immagini di me stessa, che erano la cosa più sincera che io potessi fare per esprimere ciò che sentivo dentro e fuori di me”, scriveva la stessa. Particolarmente suggestivo è Le due Frida (1939), manifestazione pittorica della contraddizione di sé: attraverso il doppio, si manifestavano le identità delle due donne che condividevano lo stesso corpo, ma tra le quali intercorreva una distanza abissale: una era quella che una volta il pittore Diego Rivera aveva amato e l’altra quella che non amava più (il quadro fu dipinto nel 1939 dopo essersi separata da lui).
L’autoritratto è stato il portale attraverso il quale gli artisti, ma in primis, uomini di ogni epoca si sono affacciati al mondo, e che continua ad esistere attraverso le nuove tecnologie, a cosa potremmo accostare gli attuali selfie altrimenti?
Il Romanticismo: “Viandante sul mare di nebbia”
Di Alessia Azzurro
“Il Viandante sul mare di nebbia” è un’importantissima opera, che risale all’inizio dell‘800, realizzata da Caspar David Friedrich. Rispecchia principalmente gli ideali e i temi del Romanticismo, quali sfrenata passione e sentimenti forti.
Al centro della composizione si trova un uomo di spalle che indossa un soprabito verde scuro, e nella mano destra ha un bastone da passeggio. I colori utilizzati nella composizione sono vari e mescolati tra loro: blu, grigio, rosa e giallo, sono stati utilizzati per la resa del manto nebbioso; mentre per le rocce l’artista ha preferito stendere colori opachi e tonalità che ricordassero il mondo della terra.
Il significato di quest’opera non è ancora stato chiarito, soprattutto l'identità dell’uomo è ancora un’incognita, in quanto molti sostengono sia un defunto amico del pittore ma nulla conferma questa teoria. Il protagonista viene avvolto da una fitta nebbia, mentre è rivolto a guardare il paesaggio dall’alto di uno scoglio.
Il pittore dimostra un’abile memoria fotografica avendo realizzato il quadro in studio, senza un riferimento costante con il paesaggio. La scelta di rappresentare il protagonista di spalle appare volontaria, volendo il pittore far immedesimare l’osservatore nel viandante. Egli utilizza due tecniche differenti, dipingendo con precisione e nitidezza la parte del viandante e delle rocce; mentre sceglie una resa più leggera e vaporosa per la nebbia e il panorama.
CAFFÈ
Il telefono del Vento
Di Sveva Maria Pilati
Il Telefono di Bell Gardia, in Giappone, “mette in contatto” i sopravvissuti ed i loro cari, morti nel disastro nucleare e nello tsunami di Fukushima.
By Matthew Komatsu (https://longreads.com/2019/03/11/after-the-tsunami/) - Matthew Komatsu, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=103477438 |
Tanti sono i sopravvissuti del disastro del 2011, ma a 10 anni da quel giorno buona parte dei pellegrini, sono madri e padri che hanno perso un figlio, altri privati di un fratello, di una sorella, un cugino, un amico. Vengono da zone lontane del Giappone, dall’America e dall’Europa, arrivano da tutto il modo per parlare con gli amati scomparsi, oggi anche quelli morti per altre cause.
Al Telefono del Vento, le persone vanno a parlare con i loro cari come se fossero ancora vivi aldilà del filo. Chiedono: Dove sei? Come stai? Cosa fai? Sei sempre con noi! Ti vogliamo bene!
Questo Telefono unisce due dimensioni: quella terrena e quella celeste.
È una caratteristica nazionale dei giapponesi la sopportazione. Gaman-duyoi è la pazienza, la resistenza e la tolleranza. Ciò è considerato una virtù, che può diventare invece una malattia per il corpo e per la mente.
Una donna racconta ai custodi della cabina telefonica che nel lutto, le sembrava di avere la testa invasa dal fumo e che la vita intorno, scorresse troppo velocemente per poterne stare al passo. Quando scoprì questo Telefono, tramite la TV, le parve un luogo vicino al paradiso e dopo aver parlato “nel vento” sentiva di avere rimesso ordine nella sua testa e di essere riuscita ad esprimere con logica le sue emozioni.
Voglia d’estate
Di Chiara Bracalente e Ilaria Censori
Siamo agli sgoccioli di questo secondo anno di difficoltà legate alla pandemia. Siamo stati a scuola, siamo stati in DAD, sempre, o quasi sempre sull’attenti per evitare di contrarre il virus. La didattica a distanza è stata semplice per alcuni, mentre altri al ritorno in classe hanno tirato un sospiro di sollievo. È stato difficile per tutti, sicuramente, e speriamo che in un futuro non troppo lontano potremo ricominciare a lamentarci della solita vecchia scuola.
Ma non siamo qui per parlare di questo oggi, dopo tutto non abbiamo detto che siamo agli sgoccioli senza motivo: sta arrivando l’estate! Sembra incredibile ma è vero, tra poco meno di un mese potremo lasciarci alle spalle i libri e goderci il mare, il sole, il caldo! Che bello!
Abbiamo chiesto a due ragazzi del nostro liceo cosa avessero in mente per queste vacanze ed ecco cosa ci hanno detto:
Nome: Andrea
Cognome: Scipioni
Età: 17
Classe: 2DES
Segno zodiacale: Cancro ascendente Leone
Che piani hai per quest’estate?
Staccare da tutto, divertirmi, non pensare più a niente e non avere più ansie e paranoie.
Rientri anche tu, come molti, nella cerchia delle vittime dell’annullamento dei concerti? Se sì, a quale evento avresti preso parte?
SI, il 7 marzo 2020 avevo un concerto di Gemitaiz e Madman, proprio il
giorno dopo della chiusura totale della nazione.
Parlando di musica, ti è piaciuto Sanremo 2021? Se sì, quale esibizione artistica ti è rimasta più impressa?
Ho avuto ansia fin dalla prima puntata pensando che tutte quelle canzoni me le sarei dovute portare appresso per il resto dell'anno. Comunque alcuni artisti mi sono piaciuti, specialmente Madame.
E i tuoi tormentoni estivi del cuore?
"Estate dimmerda" di Salmo
Preferisci passare la tua estate al mare o in montagna?
MARE
Sei team gelato o pizza?
PIZZA
Domanda scomoda, farai i compiti?
Ci proverò, ma mi ridurrò all'ultimo come ogni anno.
Okay, adesso raccontaci un po’ della tua estate passata
Mi sono goduto solamente agosto a causa di qualche azione sbagliata che ho commesso a giugno e di un'operazione al piede che mi ha impedito di camminare e farmi il bagno per diverse settimane. Nonostante ciò ho passato l'estate più bella della mia vita, mi sono divertito moltissimo, ho partecipato a molte feste, e ho trovato una ragazza che ho amato tantissimo e che mi accettava per quello che sono. Mi sono sentito felice come non lo ero mai stato.
Domanda extra: hai visto “LOL chi ride è fuori”?
SI, 5 volte di fila
Nome: Emanuele
Cognome: Pistolesi
Età: 18
Classe: 4AC
Segno zodiacale: Pesci
Che piani hai per quest’estate?
Sopravvivere: no sto scherzando ovviamente. Ho in piano alcuni viaggi in giro per le città italiane insieme al mio gruppo di amici, poi penso che andrò al mare, d’altronde non è estate senza spiaggia!
Rientri anche tu, come molti, nella cerchia delle vittime dell’annullamento dei concerti? Se sì, a quale evento avresti preso parte?
No, cos’è un concerto? Mi sembra familiare come parola…
Parlando di musica, ti è piaciuto Sanremo 2021? Se sì, quale esibizione artistica ti è rimasta più impressa?
Tifavo per la chiusura dell’Ariston, ma purtroppo ha perso, sigh.
E i tuoi tormentoni estivi del cuore?
Quello che faceva “paraparapapa”, dai hai capito
Preferisci passare la tua estate al mare o in montagna?
Team mare per sempre
Sei team gelato o pizza?
Scelta ardua, ma sono più team gelato.
Domanda scomoda, farai i compiti?
Sì, certo, come no…
Okay, adesso raccontaci un po’ della tua estate passata
La cosa più eccitante è stata mettere i piedi fuori dalla porta di casa per la prima volta dopo mesi e mesi di isolamento. Ho pianto più per questa esperienza che per Avengers: Endgame. Scherzi a parte, sono uscito molte volte con i miei amichetti storici, sono andato al mare, insomma, sempre la stessa storia.
Domanda extra: hai visto “LOL chi ride è fuori”?
No, ma mi tengo aggiornato con i meme in giro per il web!
Top 5 antagonisti nella letteratura
Di Laura Fiorella Necoara
All’interno di un romanzo, spesso, si assiste ad uno scontro tra due opposti: il protagonista e l’antagonista. Quest’ultimo è necessario per creare impedimenti al raggiungimento dello scopo del personaggio principale laddove non ce ne siano già di default. Non tutte le storie, infatti, contengono una figura ben definita che ricopra questo ruolo, ma esso può essere interpretato anche da una comunità, da una legge, da un principio astratto o dall’interiorità dello stesso protagonista. Alle volte sono la figura più carismatica dell’intero racconto, alle volte risultano mediocri, ma è innegabile che, se scritti bene, possiedono quello charme che spinge il lettore a parteggiare per loro.
Questa classifica è del tutto personale e basata sul mio semplice gusto. È più che legittimo non condividere le posizioni aggiudicate ai seguenti personaggi, come è più che legittimo esprimere la propria opinione riguardo un argomento tanto soggetto al dialogo come è l’arte in ogni sua forma ed espressione.
5 – Iago
Iago non è soltanto l’antagonista della tragedia shakespeariana, egli è il motore dell’”Otello”, un manipolatore che pianta i semi del dubbio e della malvagità nei personaggi. Gioca con le emozioni degli altri per i suoi fini personali, Roderigo oltre che lo stesso Otello; piega la realtà con deboli prove e con la parola, come nel caso del famoso fazzoletto, una prova puramente circostanziale; finge di essere chi non è, “I follow him to serve my turn upon him”.
Le motivazioni dell’odio che nutre per il Moro non sono ben chiare sebbene, di sfuggita, faccia riferimento ad una presunta tresca tra questi ed Emilia, moglie di Iago: “It is thought abroad that ‘twixt my sheets. He’s done my office”. Ma le motivazioni non sono indispensabili perché egli persegua il fine della vendetta con accanimento.
4 – Frollo
L’antagonista del romanzo “Notre Dame de Paris”, prodotto dalla penna di Victor Hugo, l’arcidiacono Claude Frollo si aggiudica la quarta posizione. Egli non manca di fascino, di tridimensionalità e di profondità. Sebbene parta svantaggiato a causa di un nome che non incute poi molto timore (diciamoci la verità, abbiamo pensato tutti alla pasta frolla), questo personaggio acquista numerosi punti in quanto a determinazione e crudeltà.
Ma la parte che più lo avvantaggia è la notevole differenza che intercorre tra il Frollo che, fratello maggiore, “fu assai più di un fratello per quel bimbo: fu una mamma", e padre adottivo di Quasimodo, non esita a sacrificarsi per amore del suo prossimo, ed il Frollo che, ossessionato da una tentazione a cui si arrende piuttosto facilmente, fa di tutto per ottenere la cosa bramata. L’arcidiacono è inoltre un uomo colto che offre spunti di riflessione piuttosto variegati all’interno del romanzo, come il celeberrimo “Ceci tuera cela”. Con una nota di sensuale appagamento, Frollo ci porta a godere insieme a lui del male inflitto a chi gli si è opposto dall’alto del suo rifugio in cima alla cattedrale di Notre Dame e ci fa dubitare della nostra capacità di resistere alle tentazioni.
3 – Dracula
Su Dracula c’è poco da dire: è un personaggio emblematico, affascinante, sensuale ed un avversario temibile. Ha un’esperienza di secoli alle spalle, la forza di dieci uomini, controlla i “figli della notte”, ha un potere ipnotico sulle sue vittime e può leggere i loro pensieri. Il conte è l’immagine del male all’interno dell’opera di Bram Stoker, ma viene spontaneo chiedersi se non sia invece da compatire. In fondo il vampiro non fa che nutrirsi come ogni essere vivente, il fatto che non viva, per quanto sconvolgente, è un fenomeno che, da scienziati, Seward e Van Helsing avrebbero dovuto studiare. E, se alla fine della lettura ti ritrovi amareggiato per l’inevitabile sconfitta del male, l’effetto di Dracula ha colpito anche te. Può darsi che dapprima si presenti come un essere ripugnante che accoglie Harker nel suo castello con quella semplice frase che oggi tutti ricordiamo, “Benvenuto nella mia casa! Entrate libero e tranquillo!”, ma nonostante l’aspetto il lettore sa già avvertire il fascino che emana.
2 – Milady
Cosa può esserci di più terribile di un nosferatu? Ebbene, l’antagonista de “I tre moschettieri”, Milady (anche se, come si sarà ben capito, non è il vero nome, il quale non rivelerò per non fare spoiler). L’alleata del Cardinale Richelieu, uno spietato prototipo di femme fatale, possiede tutte le qualità per essere un antagonista imbattibile, se non fosse per il numero, quattro contro uno non è molto leale: è furba, ha una storia pazzesca, è bellissima, è un’attrice nata, canta da dio, ha una fantasia molto prolifica ed è una seduttrice di prim’ordine, cosa da non sottovalutare in un romanzo in cui gli uomini abbondano.
Solo una citazione dal libro può far capire quanto questa donna rappresenti un pericolo senza rivelarne l’impressionante storia, basti sapere che queste parole si riferiscono a lei: “Dico che l'amore è una lotteria; e chi vince, vince la morte. Dovete credermi, d'Artagnan, è una fortuna per voi aver perduto. E se vi posso dare un consiglio, perdete sempre.”
1 – Jekyll & Hyde
Ed il vincitore è un’eccezione, un particolare antagonista. È naturale che vinca Hyde, certo: è il male puro liberato dalla persona di Jekyll. Ma qualcuno potrà sbalordirsi forse che il dottore sia incluso nella vittoria. La ragione per cui si trova qui, però, ce la fornisce egli stesso nell’ultimo capitolo del libro di Stevenson. E, dato che, nonostante la collocazione, non si può considerare spoiler: infatti conosciamo più questa vicenda che non quella principale riguardante le investigazioni di Utterson, non corro rischi nel fornire tale motivazione.
Lo stesso Jekyll, l’irreprensibile dottore, conduceva una doppia vita e “in ciascuna delle mie due esistenze ero assolutamente onesto con me stesso”, dice, poiché, come afferma di seguito “la verità è che l’uomo non è autenticamente uno, ma autenticamente due”. Dunque, egli è già in partenza una mela marcia. Ma la svolta terribile giunge più tardi: comincia a pensare di separare le due metà, non per scopi nobili ed alti, ma per poter godere indisturbato i piaceri sotto l’aspetto di un altro e tornare poi alle occupazioni del giorno nei suoi soliti panni.
Peggio ancora, Hyde esiste poiché Jekyll ha deciso che dovesse esistere. Tutto il male che Edward Hyde compie ricade inevitabilmente sulla coscienza di Henry Jekyll. Ma la frase che ci fa più comprendere quanto il dottore sia colpevole, nonostante tenti di discolparsi costantemente, giunge nel momento in cui contempla nello specchio i risultati del suo esperimento: “Eppure, quando lo specchio mi rimandò per la prima volta la sua orripilante immagine, non provai ripugnanza, ma piuttosto il desiderio di accoglierlo con slancio. Anche quello ero io. Anche lui era naturale e umano. Ai miei occhi incarnava, anzi, un’immagine più viva del mio spirito, che mi sembrava più definita e omogenea rispetto a quell’immagine, imperfetta e scissa, che fino ad allora avevo riconosciuto come mia”.
Generazione Z
Di Sofia Palloni
( Clicca sul link per un'interessante infografica sviluppata da BNP Paribas Cardif: https://cdn-pays.bnpparibas.com/wp-content/blogs.dir/67/files/2019/04/BNP-PARIBAS-GENERAZIONE-Z_HR.jpg )
Chi comprende la generazione Z?
La Generazione z è la generazione dei nati tra il 1997 e il 2012. Sono i primi a non aver conosciuto un mondo senza tecnologie e ambienti digitali, cosa che non può non influire su come vivono quotidianità, consumi e aspettative nei confronti del lavoro.
Da dove deriva questa espressione?
La prima espressione con cui il mondo giornalistico si rivolse a questa fascia di eta’ era Homeland Generation. Cresciuti all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle e in un clima di sfiducia si ritenne inizialmente che potessero essere membri di una generazione meno propensa a viaggiare e che considerassero più sicuro il restare a casa.
Più tardi si cercarono altre espressioni: per questo, adottando un semplice ordine progressivo chiamarono i successori della generazione X “Generazione Z”. Nel frattempo altri aveva già coniato l’espressione iGeneration per la familiarità di questi nativi digitali con dispositivi hi-te e solo qualche anno dopo si utilizzò il termine ombrello “generazione alpha” per indicare tutti gli individui nati dopo i millenium.
Quali sono le caratteristiche e gli interessi della generazione Z?
SONO NATIVI TECNOLOGICI
Sono nati tra smartphone, tablet e schermi al plasma e, a differenza dei “millennials”, hanno scoperto le istruzioni del prodotto senza che nessuno le insegnasse loro.
Desiderano di più l’elemento umano, quindi internet per loro assume l’identità di un’arma a doppio taglio.
Amano imparare da auto-didatti: il 33% guarda lezioni online e il 20% legge i libri di testo sul tablet.
L’arco di tempo della loro attenzione in media è di 8 secondi. Influenzato da social media con feedback immediati.
SOLIDARIETÀ, UGUALIANZA E ECOLOGIA
Più attenti all’ambiente e ai temi sociali come terrorismo, razzismo, estremismo e i conflitti civili, con l’aggiunta di altri temi come l’ecologia o la povertà.
Hanno valori liberali: 89% esige un trattamento pari tra i sessi, dando conseguente importanza al femminismo; il 64% ha amici di differenti religioni; il 63% dà lo stesso valore alle unioni LGBT che porta loro alle linee di abbigliamento “a-gender”.
Sono altruisti: il 60% vuole cambiare il mondo; Il 26% ha svolto qualche tipo di volontariato e il 76% si preoccupa della preservazione dell’ambiente.
Posseggono un coefficiente intellettuale più alto rispetto alle generazioni precedenti. Secondo uno studio dell’Università di Stanford, ciò è dovuto al trasferimento culturale o generazionale.
IMPRENDITORIALITÀ E DISPONIBILITÀ ECONOMICA
La generazione Z è fortemente attenta alle conseguenze finanziarie delle loro decisioni. I ragazzi hanno capito l’importanza e l’urgenza di costruirsi una propria attività da cui ricavare profitto che si adatti ai loro interessi e passioni.
Sono promettenti imprenditori: il 73% degli adolescenti sogna di avere una propria attività o di realizzare un’idea personale di lavoro.
Chiedono di disporre di tempo per la vita personale e di ricevere uno stipendio giusto.
Più aperti a considerare in ottica globale le proprie carriere, nella scelta dell’azienda o del business per cui lavorare, i suoi membri non considerano prioritari tanto gli aspetti retributivi quanto quegli aspetti legati alla soddisfazione e alle opportunità di crescita personale.
Il gatto nell’antichità: tra magia e mistero
Di Elisa Bacalini
Il falco, il serpente e il coccodrillo sono stati ritenuti animali sacri nell'antico Egitto, ma la popolarità e la venerazione verso il gatto ha superato quella per qualsiasi altro animale. L'esistenza del culto della dea Bastet, è ricordato in documenti che risalgono al 3000 a.C.: i testi più antichi la descrivono come figlia del Dio del sole Ra, creata insieme alla sua gemella malvagia Sekhmet. Viene spesso rappresentata con il corpo di donna e la testa di gatto, nella sua mano sinistra è sovente raffigurato un amuleto a forma di occhio detto l'Udjat (“occhio di Ra”) avente forti poteri magici: questo talismano appare anche nelle decorazioni all'interno dei templi e delle case come protezione da malattie, rapine ed infortuni e tutt'ora, se portato al collo, si dice protegga i viaggiatori.
D’altro canto, i greci guardavano divertiti i popoli che lo divinizzavano: “Voi vi lamentate davanti a un gatto malato – dice un poeta di Rodi rivolto a un egizio- io invece lo ucciderei per il suo pelo”; d’altronde, non avevano troppa simpatia per questi felini, che consideravano solamente come “mangiatori di topi”.
Tuttavia, nonostante questo atteggiamento di sufficienza, si deve proprio a loro la diffusione dell’animale africano anche in Europa. Questo occupava un posto nel Pantheon: per le sue doti di cacciatore astuto, era considerato un figlio di Artemide. Leggenda vuole che la dea avrebbe creato il gatto durante una sfida con suo fratello Apollo, che, credendo di spaventarla, dette vita al leone. Diana per tutta risposta, inventò il gatto, una versione in miniatura del “re della foresta” che concentrava in un corpo più esile ed aggraziato altrettante doti di intelligenza e coraggio. Di fronte a questa divertente parodia della temibile fiera, Apollo scoppiò in una risata e la fraterna sfida ebbe fine.
Nella cultura araba, invece, si narra che Maometto, intento a leggere con un braccio allungato sul tavolo, fu avvicinato da un gatto che gli si sdraiò sulla manica. Arrivata l'ora della preghiera il profeta non volle svegliarlo credendo che il felino stesse, nel suo sonno, comunicando con Allah e preferì quindi tagliare parte della tunica per andare a pregare. Al suo ritorno, in seguito alle feste del gatto che gli era riconoscente, Maometto commosso gli riservò un posto in paradiso, e ponendogli per tre volte le mani sulla schiena gli donò la capacità di cadere sempre sulle zampe senza farsi male.
La parola giapponese per gatto è Neko, scritta con il kanji 猫. Sembra che l’animale sia arrivato qui dalla Cina, quasi sicuramente intorno all’anno 538 d.C. insieme al buddismo; i monaci infatti, per tenere al sicuro i manoscritti dai topi, avevano sempre almeno un gatto nei templi. Oltre a questa loro utile funzione, sono circolate anche varie leggende e superstizioni legate alla sua storia: va ricordato, infatti, che quando Buddha morì, tutti gli animali si riunirono intorno a lui e piansero, ad eccezione del serpente velenoso e del gatto. Qui si diramano due ipotesi: perché consapevole della sua immortalità o caratterizzato da un animo malvagio ed indifferente.
Vi era anche l’abitudine dei marinai giapponesi di utilizzarli per la loro abilità di far restare le anime delle persone morte in mare negli abissi più profondi. Infatti, si dice che le creste delle onde altro non fossero che le mani dei defunti che tentano di aggrapparsi alle navi per tornare in superficie; ma i gatti, con la loro sola presenza, riuscivano a tenerle distanti ed a non farle tornare in superficie.
Il felino, che gironzola ora liberamente nelle nostre dimore, è stato quindi protagonista di vari racconti che, nel bene e nel male, lo hanno innalzato a vera e propria divinità, forse proprio in relazione al suo aspetto altero e regale: citando Charles Dickens, “quale dono è più grande dell’amore di un gatto?”
POESIA
PIENA
di Valeria Maria Luzi
Versa solo l'acqua
Che tanto basta poco
Per riempire
Il mio bicchiere
Di Anonimo
La libertà affascina
La libertà fa paura
La voglia di averla ci nutre
E ottenerla ci distrugge
Una brezza
Che dolcemente accarezza
Il viso di una bambina
Una bufera
Che agita l'animo
D'un freddo cinico
Una creatura
Che si aggira misteriosa
Armata di immaginazione
Di Laura Fiorella Necoara
Tutta la vita attendere
qualche altro dir, qualche sentir più nuovo
e quand’ei giunge fremere
d’ira e di morte e rovinar
ché non ti fessi tu tant’oso
a l’ingabbiar nella parola:
ecco cos’è la vita a me che piango,
misera attesa d’un attimo che cede
e per difesa un’anima sospesa
a il prevenir e ‘l catturar.
Ma il palpito del cor è troppo vano,
troppo leggero il soffio,
l’agire umano.
Soffrire, ahimè, l’insano accento
che chiama all’are eterne
e mai calcar ché primamente
un dio mi fe’ mortale!
Di Marta Antonelli
Attimi
Nella solitudine dei miei pensieri,
senza tempo né luogo,
persa nel mare della mia essenza,
dove degli altri rimane solo un lontano brusio,
mi sento a casa
eppure
sono distrutta,
distrutta dalla mia infelicità,
miseria che mi perseguita,
mi tormenta.
E non voglio vedere alcun volto
tranne che il tuo.
IN CUCINA CON GIOIA
Brownies
Di Gioia Brengola
Ciao a tutti! Per questo numero voglio proporvi un grande classico, molto facile da realizzare e altrettanto buono! Spero che la ricetta sia di vostro gradimento!
INGREDIENTI:
250 g di zucchero;
200g di cioccolato fondente;
200 g di burro;
150 g di farina;
4 uova;
30 g di cacao amaro in polvere;
1 bustina di vanillina o i semi di una stecca di vaniglia
Facoltativo: zucchero a velo
DIFFICOLTÀ RICETTA
MOLTO FACILE
TEMPO PREPARAZIONE
15/20 MIN
TEMPO COTTURA
40 MIN
PROCEDIMENTO: preriscaldate il forno a 180°C e foderate una teglia bassa con della carta da forno. Sciogliete a bagnomaria il cioccolato fondente con il burro. Sbattete ora le uova con lo zucchero e la vanillina, e incorporate il tutto al composto di burro e cioccolato. Infine unite il cacao in polvere e la farina setacciata.
Versate il composto nella teglia, lisciatene la superficie e infornate per 40 minuti circa, facendo sempre la prova con lo stuzzicadenti. Una volta che i brownies saranno cotti lasciateli raffreddare per poi tagliarli nella classica forma a cubetti, potete inoltre decorarli a piacimento con dello zucchero a velo.
BUON APPETITO e... alla prossima!
L’ORACOLO DELL’A. CARO
Di Elisa Bacalini
MINERVA (21 marzo-20 aprile): Senza troppi fronzoli barocchi: questo anno vi ha sfiancato per bene, dico il vero compagni del Mercurio? Ma chi semina raccoglie, non c’è da aver paura! #riconoscimentiinvista
MARTE (21 aprile-20 maggio): La discesa nell’Ade è più rapida del ritorno in superficie, ma non impossibile: da bravi peregrini tornerete alla solita e cara normalità. #viaggiultramondani
ROMOLO E REMO (21 maggio-20 giugno): L’aria si riscalda, gli uccellini cinguettano, la natura si ridesta e voi con lei: che aspettate a coglierne le bellezze? #dolcerisveglio
APOLLO (21 giugno- 22 luglio): Tra alti e bassi ce l’avete fatta: più che focalizzarsi sugli spetti negativi, che, come turbini, possono inghiottire le vostre navi, mantenete alto lo sguardo alla ricerca del faro che vi ricondurrà sulla via sicura. #issiamolevele
GIOVE (23 luglio- 23 agosto): Non cadiate in tentazione proprio ora amici del Giove! Le attrattive che vi vengono poste innanzi sono allettanti, ma altrettanto fuorvianti. Procedere con i paraocchi indirizzati all’obiettivo è il consiglio del mese. #bigaalata
VENERE (24 agosto-22 settembre): Anche se la vostra natura frettolosa non sempre lo considera, dare tempo al tempo appare ora la decisione più saggia; nel mentre, qualche svago è concesso e consigliato… #ludiinfabula
BACCO (23 settembre- 22 ottobre): In questi due anni di isolamento, chi ne ha tratto profitto c’è stato: il portafoglio! È il momento di lasciarsi andare all’immaginazione e fantasticare sulle mete dei prossimi viaggi estivi (sempre nelle misure consentite). #gite fuori porta
VULCANO (23 ottobre-22 novembre): La distanza separa ma fortifica i rapporti destinati a sopravvivere nel tempo: nuovi incontri porteranno a piacevoli scoperte anche in campo amoroso, è scritto nelle stelle! #sottoilsegnodiVenere
DIANA (23 novembre- 21 dicembre): Chi si mostra positivo attrae positività: fatene tesoro! Con allegria e spiensieratezza non solo vi alleggerirete dalle difficoltà del periodo, ma donerete il sorriso anche a chi vi circonda. #calorosi
GIUNONE (22 dicembre-20 gennaio): “Chi ha tempo non aspetti tempo”, recita un proverbio. Questo sembra far proprio al caso vostro: abbandonate la contemplazione, che si è ridotta ormai ad un rimuginare continuo, per darvi all’azione! #sprone
MERCURIO (21 gennaio- 19 febbraio): Dopo essersi applicati così a lungo ed ardentemente agli altri è giunto il momento di investire in voi stessi. Coltivate le vostre passioni, sperimentatevi, all’insegna di un periodo in cui gli astri vi sorrideranno. #selfcare
NETTUNO (20 febbraio- 20 marzo): Ma chi si rivede! Aver seguito i consigli dell’oracolo vi ha portato benefici, ed eccovi qui a cercarne altri. Bene, apriamo questo periodo all’insegna dell’importanza dell’otium, ma non come pigrizia o improduttività, anzi come modo per crescere e maturare. #crescitaesponenziale
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La Redazione