GIORNALINO "DICEMBRE 2020" - USCITA SPECIALE ONLINE!
L ' A C A R O - A N N O V I I I - N. I I - D I C E M B R E
ATTUALITÀ
Il cambiamento climatico
“Anche questa volta la natura sembra destinata a soccombere al progresso!”
Di Benedetta Brandani e Celeste Maria Ruta
Il cambiamento climatico è caldo argomento di discussione di questi ultimi anni, ma anche in passato se n’è parlato molto. Esso causa vari problemi e influisce sulla vita degli esseri umani sulla Terra e rappresenta una delle maggiori sfide che l’uomo sta affrontando.
Una delle maggiori cause è l’effetto serra: il fenomeno per cui l’atmosfera terrestre intrappola parte della radiazione solare che dopo aver riscaldato la superficie terrestre torna nello Spazio e alcuni gas presenti nell’atmosfera la diffondono ovunque.
L’impatto che questo evento sta avendo sul nostro pianeta è gravissimo e lo si può vedere da ciò che comporta. Ad esempio il surriscaldamento globale, causato appunto dal rilascio nell’atmosfera di questi gas serra che innalzano la temperatura del nostro pianeta. Quali sono le conseguenze di questi fenomeni?
Una delle tante conseguenze è lo scioglimento dei ghiacciai, esso viene studiato ormai da diversi decenni e può comportare effetti drammatici per l’ecosistema. Si possono vedere già oggi i primi segnali, come la modificazione di alcuni habitat naturali e la scomparsa di vari esemplari di fauna e di flora mondiale.
Nei prossimi anni si potrebbe riscontrare:
aumento del livello dei mari;
stravolgimenti climatici;
modifiche della superficie terrestre coperta da ghiacci e neve;
riduzione della biodiversità;
alterazione della catena alimentare.
Le risorse che la Terra offre non sono illimitate e il Global Footprint Network (GFN) ogni anno calcola una data in cui queste risorse finiscono. Questo giorno è l’Overshoot Day: giorno che indica l’esaurimento ufficiale delle risorse rinnovabili che la Terra è in grado di rigenerare nell’arco di 365 giorni. Ogni anno questa inquietante scadenza sembra arrivare prima, prospettando un futuro sempre più cupo per la razza umana. Il pianeta che abbiamo a disposizione, però, è soltanto uno. L’umanità ha iniziato a consumare più di quanto la Terra producesse nei primi anni Settanta, da allora il giorno in cui viene superato il limite si avvicina sempre di più a causa della crescita della popolazione mondiale e dell’espansione dei consumi in tutto il mondo. Cosa possiamo fare per aiutare l'ambiente?
Tutti noi potremmo contribuire anche con piccole azioni quotidiane che potrebbero rivelarsi fondamentali per l’ambiente, come:
ottimizzare le fonti energetiche, per evitare sprechi;
utilizzare imballaggi biodegradabili e sacchi di stoffa, per non inquinare;
ridurre il più possibile gli spostamenti in auto, perché lo smog è una delle più grandi cause dell’inquinamento atmosferico;
scegliere le fonti rinnovabili, perché le riserve di combustibili fossili stanno per terminare e la Terra non è in grado di riprodurli velocemente.
“Il cambiamento climatico è reale e l’unico motivo per cui sembra inarrestabile è che non abbiamo mai provato a fermarlo. Più a lungo aspettiamo, più sarà difficile risolvere questo problema”
Riflessione sugli stereotipi
Al giorno d'oggi, molti luoghi comuni su etnie, religioni e popoli sono profondamente radicati nella società. Ma che cosa vuol dire la parola stereotipo? Da dove nasce?
Di Valeria Maria Luzi
In psicologia, la parola stereotipo indica qualsiasi opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non acquisita su una esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone e gruppi sociali. Gli stereotipi nascono dal processo di categorizzazione, ovvero dalle modalità che gli individui adottano per ordinare e semplificare la realtà, raggruppando persone, oggetti ed eventi in categorie, in base alla loro somiglianza rispetto alle loro azioni, intenzioni e atteggiamenti.
Gli stereotipi sociali rappresentano l’immagine semplificata di una certa categoria sociale e ne definiscono tutte quelle caratteristiche distintive e tutti quegli attributi specifici che vengono assegnati, in automatico, ad un certo soggetto dal momento in cui viene riconosciuto essere appartenente ad un gruppo piuttosto che ad un altro.
Ormai quattro mesi fa ho lasciato l'Italia per intraprendere un'avventura nel Regno Unito che durerà almeno altri quattro mesi. Non appena ho comunicato della mia partenza, la risposta di molti è stata: "Regno Unito? Moquette e pessimo cibo, ti troverai malissimo". Poco dopo essere arrivata, iniziata la scuola, ogni volta che qualcuno mi chiedeva da dove venissi, la risposta a "sono italiana" è sempre stata "Ah l'Italia, pizza, pasta, un accento imbarazzante e nient'altro".
Solo dopo due mesi questo stereotipo è iniziato a venir meno: vivendo a stretto contatto gli uni con gli altri, è risultato più che evidente che gli stereotipi non corrispondono neanche lontanamente alla realtà. Vivere direttamente lo stereotipo non è una esperienza piacevole; bisognerebbe evitarli, anche pensando che da un banale stereotipo può nascere un vero e proprio comportamento discriminatorio.
A differenza della generalizzazione degli stereotipi e dei giudizi di valore dei pregiudizi, la discriminazione è un vero e proprio comportamento. I primi due, infatti, influenzano i nostri atteggiamenti nei confronti delle persone appartenenti a un determinato gruppo sociale che possono essere sia positivi che negativi. Con questi comportamenti si mette in atto un'esclusione non motivata in base a una caratteristica non rilevante di una persona o di un gruppo.
La discriminazione può colpire diversi fattori come il genere, l'etnia, la disabilità, la fede religiosa, l'orientamento sessuale o l'età. Non sempre è facile rendersi conto degli stereotipi, dei pregiudizi o dei comportamenti discriminatori perché molto spesso sono parte integrante della nostra cultura. Per questo, può essere utile analizzare le semplificazioni che mettiamo in atto nei confronti di altri gruppi sociali e cercare di individuare pregiudizi e stereotipi in modo tale da poter ridurre i nostri comportamenti discriminatori. Sta a noi identificare situazioni simili, che fin troppo spesso mettiamo in atto quasi inconsapevolmente. Dovremmo, quindi, impegnarci per evitarle o per porvi rimedio tutti i giorni.
Kamala Harris - pioniera dell’uguaglianza
Di Rebecca Macerata
Pioneer -in italiano pioniera- è il nome in codice con il quale Kamala Harris ha scelto di farsi chiamare dai servizi segreti che la proteggono.
Pioniera di nome e di fatto: la Harris, nata da madre indiana e padre giamaicano, è la prima donna, e la prima donna afroamericana a ricoprire la carica di vicepresidente. Pioniera anche di un appeal in un momento storico che vede protagonisti il movimento “Black Lives Matter” e del “MeToo”.
Infatti la Harris, favorevole alla legge sull’aborto e ai diritti degli omosessuali, caldeggia l’introduzione di un “terzo genere”, oltre al maschile e femminile, sui documenti pubblici. Contraria inoltre alla pena di morte, promette una riforma del sistema penale che eviti l’incarcerazione di massa, soprattutto di uomini e donne di colore.
Durante il suo discorso per la vittoria ha ringraziato tutte le donne che hanno reso possibile il raggiungimento di questo traguardo, quelle che hanno lottato, che lottano e che lotteranno per l’uguaglianza, con queste parole: “Penso alle donne, alle donne nere, asiatiche, bianche, ispaniche, nativo americane, che nel corso della storia di questo paese hanno aperto la strada per questo momento, si sono sacrificate per l’uguaglianza, la libertà e la giustizia per tutti noi; penso alle donne nere che troppo spesso non sono considerate, ma sono la spina dorsale della democrazia. Penso a tutte le donne che hanno lavorato per garantire il diritto di voto e che ora nel 2020 con una nuova generazione hanno votato e continuano a lottare per farsi ascoltare. Stasera voglio riflettere sulle loro battaglie, la loro determinazione, la loro capacità di vedere ciò che sarà a prescindere da quello che è stato. Anche se sono la prima donna a ricoprire questo ruolo, non sarò l’ultima”.
Insegnamento dato da sua madre che guardandola diceva: “Kamala potresti essere la prima a fare molte cose, ma assicurati di non essere l’ultima”. Quindi noi donne ci immedesimiamo in questa donna forte, sperando che porti il cambiamento che stiamo aspettando e per cui altre donne hanno lottato prima di noi come le Suffragette.
Ricorre, infatti, quest’anno il centennale dalla vittoria delle Suffragette americane e, per questo, Kamala durante il suo discorso si è vestita di bianco, come gli abiti indossati dalle Suffragette, così che ogni bambina, ragazza veda che questo mondo è pieno di possibilità, che può diventare tutto quello che desidera senza ostacoli, divieti o discriminazioni.
L'ANNIBAL CARO
INTERVISTA AI RAPPRESENTANTI
Natale 2020 "Oh oh oh!" o "Oh oh no!"?
di Chiara Bracalente e Ilaria Censori
Nome: Luca Santarelli
Età: 17 anni
Classe: 4CC
Segno zodiacale: Gemelli
Innanzitutto congratulazioni per l’elezione a rappresentante d’istituto! Fortunatamente questo funesto 2020 sta giungendo al termine e ormai il Natale è alle porte. Come pensi di trascorrere questa festività e, soprattutto, cosa ti aspetti dal nuovo anno?
Grazie a voi ragazzi! Penso di trascorrere queste festività a casa con i miei familiari, scartando i regali sotto l'albero in tranquillità. Credo che peggio del 2020 non ci potrà essere nulla, ma vedremo…non si sa mai! Scherzi a parte, sono molto fiducioso nel nuovo anno, prima di tutto perché spero di poter esercitare al meglio la mia carica di rappresentante, per poi tornare alla normalità.
Sappiamo che quest’anno sarà molto difficile svolgere il ruolo di rappresentante, in particolar modo senza avere un diretto contatto con la scuola e tutti gli studenti. Come pensi di poter gestire questa situazione?
Purtroppo si può dire che non siamo capitati nell’anno migliore per rappresentare la nostra scuola e la mancanza di contatto con professori e studenti rende il tutto molto più difficile, ma tra rappresentanti e studenti c'è molto dialogo e rispetto, e penso che questo sia molto importante per la riuscita del nostro compito.
Quali sono i vostri propositi per questo, seppur complicato, meraviglioso anno scolastico?
Ci sono molti buoni propositi, e anche le idee e la voglia di fare non mancano, quindi staremo a vedere cosa succederà.
Ritornando al Natale, credi che quest’anno saremo tutti un po’ più buoni e più uniti oppure il contrario? Secondo te, quale impatto ha avuto questa pandemia negli animi delle persone?
Credo che quest'anno saremmo tutti più buoni vista la situazione in cui ci troviamo, che ci impone, sotto molti punti di vista, la distanza; questo infatti, secondo me, porta ad unire gli animi di tutti. E ritengo che questa pandemia abbia avuto due tipi di impatti sulle persone: il primo, in chiave ottimistica, che nonostante non si possa prevedere come questa situazione possa andare avanti, se in positivo o in negativo, c’è chi riesce a coglierne comunque i lati positivi mantenendo alto l’umore. Il secondo invece, purtroppo più pessimistico, riguarda il fatto che a volte ci si abbandona tristemente alla realtà che ci circonda.
Qual è il ricordo più bello che hai del Natale?
Il ricordo più bello che ho del Natale è di me e mio fratello sotto l’albero a scartare i regali a casa di nostra nonna.
Se fossi Babbo Natale, cosa regaleresti agli studenti del Liceo Annibal Caro?
Se fossi Babbo Natale regalerei a tutti gli studenti un’opportunità per esaudire i propri sogni.
Piuttosto, facciamo un viaggio nel tempo: a quale età hai smesso di credere che un uomo barbuto con un completo rosso ti portasse dei doni la sera della Vigilia?
Perché, scusate, chi porta i regali la sera della vigilia?
Domanda trabocchetto: festeggerai Capodanno?
Certo, festeggerò capodanno a casa con i miei nonni, vista la situazione.
DOMANDA EXTRA: Affianca due professori/professoresse rispettivamente al Grinch o a Babbo/Mamma Natale!
Che dire! È inutile negare la somiglianza del mio carissimo professore di latino e greco Lattanzi a Babbo Natale, ma non diteglielo, potrebbe creare problemi alla mia promozione. Pensando al Grinch invece mi viene in mente solamente il grandissimo Ivo anche se di professione fa il bidello.
Nome: Ludovica Andrenacci
Età: 17 anni
Classe: 4D L.E.S.
Segno zodiacale: Ariete
Innanzitutto congratulazioni per l’elezione a rappresentante d’istituto! Fortunatamente questo funesto 2020 sta giungendo a termine e ormai il Natale è alle porte. Come pensi di trascorrere questa festività e, soprattutto, cosa ti aspetti dal nuovo anno?
Se la situazione attuale non cambia in un giro di boa, credo che questo Natale lo trascorrerò - come tutti del resto - più che mai intimamente tra l’affetto dei miei cari. Cogliendo l’aspetto positivo, cercherò di apprezzare e gustare il calore delle mura domestiche, quasi come in una fiaba di altri tempi: magari in casa a giocare, a pasticciare, a fare dolci, a vedere film e a rilassarmi.
Mi aspetto che il 2021 dia un fortissimo colpo di coda a questo nefasto 2020, traboccante di criticità, di insicurezza, precarietà e paura. Mi aspetto che in un baleno torni la luce, la speranza, la gioia di tornare a riabbracciarci e guardare non più solo i nostri occhi, ma anche i nostri sorrisi.
Mi aspetto semplicemente un inizio vero, autentico, propositivo. Un inizio che rinasca da una fine e sia carico di cose belle per tutti, non solo per me, perché solo se le cose belle si condividono, acquistano pregio e valore.
Sappiamo che quest’anno sarà molto difficile svolgere il ruolo di rappresentante, in particolar modo senza avere un diretto contatto con la scuola e tutti gli studenti. Come pensi di poter gestire questa situazione?
Domanda difficile in quanto altrettanto difficile è l’attuale situazione in zona arancione; spero che questo colore sbiadisca e non si carichi di rosso.
Sicuramente credo che farò affidamento sulle nuove tecnologie, che spero mi diano una mano a mantenere vivo il contatto con ciascuno di noi studenti. Cercherò di lavorare da dietro lo schermo, anche se le cose da poter fare risultano essere poco realizzabili. Abbiamo le mani legate, ma i cuori e la mente sciolti verso ogni orizzonte. Questo Covid19 potrà limitare la nostra sfera d’azione, ma non le nostre emozioni, non i nostri pensieri.
Quali sono i vostri propositi per questo, seppur complicato, meraviglioso anno scolastico?
I miei propositi sono quelli che ho già illustrato alla presentazione della lista, anche se purtroppo li vedo minacciati da questo inestirpabile Covid19. Sappiate comunque che ci sarò, ci saremo sempre, pronti ad ascoltare i vostri problemi e a cercare di risolverli; pronti ad accogliere i vostri consigli e le vostre proposte, perché solo così potremo crescere insieme e uscire dai confini che la pandemia ha arbitrariamente costituito.
Vorrei tanto proporvi qualcosa di bello, vi assicuro che, appena potremo, organizzeremo una mega festa! Ma non nella solita discoteca, fuori dove potremo respirare aria senza la presenza di barriere protettive che nascondono i nostri sorrisi. Perché di sicuro avremo imparato una cosa: a riconoscere quant’è bella la libertà di movimento e di associazione.
Ritornando al Natale, credi che quest’anno saremo tutti un po’ più buoni e più uniti oppure il contrario? Secondo te, quale impatto ha avuto questa pandemia negli animi delle persone?
Sono per natura ottimista ed anche un’inguaribile romantica: credo che tutti saremo più buoni. Perché, prendendo coscienza di quanto la vita sia incerta e precaria, ci legheremo di più agli affetti e alle emozioni, lasciando in secondo piano le cose materiali. In fondo, in questo periodo, ci stiamo rendendo conto di chi siamo, anche se indossiamo semplicemente pigiami e tute da ginnastica.
Mai perdere il decoro, ma una buona dose di semplicità non guasta!
La pandemia è stata, ed è tutt’ora, fortemente destabilizzante.
Alcuni cadono in depressione, altri si ribellano alle regole imposte, altri invece cercano di coglierne a fatica gli aspetti, per quanto possibile, “positivi”.
C’è tanta incertezza sul futuro economico e tanta gente rischia veramente la fame. Siamo sull’orlo del baratro? Se così fosse ricordiamoci però che ogni volta che si tocca il fondo, vi è anche la spinta per tornare in superficie; e una volta ripreso fiato si è più determinati a nuotare per raggiungere la riva e porsi in salvo.
Qual è il ricordo più bello che hai del Natale?
La Vigila, la sorpresa di Babbo Natale che arrivava a casa con il sacco carico di doni, il risveglio al mattino di Natale vedendo la tazza di latte vuota e i biscottini smangiucchiati dal mio adorato Santa Claus! Inoltre adoro fare i preparativi con mamma e papà, addobbare l’albero e fare il presepe. E poi ogni anno la Casa di Babbo Natale a Fermo è una tappa d’obbligo da visitare con i miei.
Se fossi Babbo Natale, cosa regaleresti agli studenti del Liceo Annibal Caro?
Ai ragazzi dell’Annibal Caro regalerei sogni che diventino realtà, speranze mai disilluse, traguardi ambiti, sorrisi, emozioni, amore, voglia di vivere e una valanga di dolci di marzapane.
Piuttosto, facciamo un viaggio nel tempo: a quale età hai smesso di credere che un uomo barbuto con un completo rosso ti portasse dei doni la sera della Vigilia?
Non ci crederete mai, ma tardissimo! Alle medie ancora ci credevo e se proprio devo essere sincera, in cuor mio, ancora ci credo, perché non c’è cosa più bella di continuare a sognare e restare sempre un po’ bambini!
Domanda trabocchetto: festeggerai Capodanno?
Sinceramente, lo spero! Comunque, se si potrà, sarà un festeggiamento discreto e molto intimo con gli amici più cari, nel rispetto delle norme Covid19.
DOMANDA EXTRA: Affianca due professori/professoresse rispettivamente al Grinch o a Babbo/Mamma Natale!
Mhh non saprei! Domanda di riserva?
Nome: Alessandro Carrarini
Età: 17 anni
Classe: 4BC
Segno zodiacale: Cancro
Innanzitutto congratulazioni per l’elezione a rappresentante d’istituto! Fortunatamente questo funesto 2020 sta giungendo al termine e ormai il Natale è alle porte. Come pensi di trascorrere questa festività e, soprattutto, cosa ti aspetti dal nuovo anno?
Trascorrerò le feste, ovviamente, in famiglia come tutti gli anni. Dal nuovo anno non mi aspetto niente, meglio non crearsi aspettative e stare a vedere cosa succede.
Sappiamo che quest’anno sarà molto difficile svolgere il ruolo di rappresentante, in particolar modo senza avere un diretto contatto con la scuola e tutti gli studenti. Come pensi di poter gestire questa situazione?
Il contatto diretto è sostituibile con i mezzi che fortunatamente abbiamo a disposizione, anche se non è la stessa cosa. Penso che dovremo dimostrare di saper fare un buon lavoro, anche attraverso l’uso di questi.
Quali sono i vostri propositi per questo, seppur complicato, meraviglioso anno scolastico?
L'obiettivo principale rimane quello di poter adempiere a tutti i punti della lista vincitrice.
Ritornando al Natale, credi che quest’anno saremo tutti un po’ più buoni e più uniti oppure il contrario? Secondo te, quale impatto ha avuto questa pandemia negli animi delle persone?
Sicuramente il lockdown ha avuto effetti devastanti sulla psiche di alcuni, io per fortuna sono asociale e a casa stavo benissimo, ma mi aspetto un Natale malinconico che non potrò festeggiare con i miei 300 parenti.
Qual è il ricordo più bello che hai del Natale?
Mio zio ubriaco
Se fossi Babbo Natale, cosa regaleresti agli studenti del Liceo Annibal Caro?
Dei rappresentanti d’istituto decenti.
Piuttosto, facciamo un viaggio nel tempo: a quale età hai smesso di credere che un uomo barbuto con un completo rosso ti portasse dei doni la sera della Vigilia?
Credo a 8 anni, ma non è stata una così grande delusione.
Domanda trabocchetto: festeggerai Capodanno?
No, non si possono trasgredire le regole per simili futilità.
DOMANDA EXTRA: Affianca due professori/professoresse rispettivamente al Grinch o a Babbo/Mamma Natale!
Penso che la prima in assoluto tra i professori “Grinch” sia la Tonici, mentre vedo la Mezzabotta un po' come Mamma Natale, sarà che si veste sempre di rosso.
Nome: Gaia Mongardini
Età: 17 anni fuori, ma dentro 40enne
Classe: 4BC
Segno zodiacale: Leone ascendente Leone, perciò non ve azzardate a famme arrabbià!
Innanzitutto congratulazioni per l’elezione a rappresentante d’istituto! Fortunatamente questo funesto 2020 sta giungendo al termine e ormai il Natale è alle porte. Come pensi di trascorrere questa festività e, soprattutto, cosa ti aspetti dal nuovo anno?
Spero di passare le feste stando vicina ai miei parenti, dato che non è scontato che io abbia questa possibilità. Dal nuovo anno mi aspetto speranza e un nostro cambiamento nell’affrontare situazioni di difficoltà. E spero, come tutti gli anni, che possa esserci un po’ più di buono in questo mondo, ma non voglio illudermi.
Sappiamo che quest’anno sarà molto difficile svolgere il ruolo di rappresentante, in particolar modo senza avere un diretto contatto con la scuola e tutti gli studenti. Come pensi di poter gestire questa situazione?
Il contatto diretto è fondamentale, non solo per creare un clima di intimità, ma soprattutto di condivisione. Nonostante la distanza, nulla è più forte e potente di un’idea nella vita, e penso che noi ne abbiamo tante e, seppur con molte restrizioni, riusciremo a portarle a termine. Penso che con amore e passione per ciò che si vuole trasmettere, qualunque cosa può riuscire bene, anche se a distanza. Spero davvero di lasciare a questi ragazzi qualcosa di buono, sarebbe un onore per me.
Quali sono i vostri propositi per questo, seppur complicato, meraviglioso anno scolastico?
Spero di poter dimostrare tutta la mia gratitudine verso questo ruolo concessomi dagli studenti. Il mio obbiettivo è portare cambiamento e far riflettere su temi delicati e d’attualità, che ormai in questi anni ci coinvolgono tutti. Penso sia fondamentale far riflettere sul ruolo dello studente nella società e su quanto egli sia importante. Mi auguro che tutti i ragazzi, soprattutto gli studenti del primo e del quinto, non si lascino abbattere da questa situazione, e che cercheranno di ricavarne il meglio. Questi anni non torneranno mai, è vero, ma non dobbiamo lasciarci trasportare dal dolore perché non porta da nessuna parte. Spero che riusciremo ad aiutarli a far sentire loro quel clima scolastico che ci manca molto, anche da lontano.
Ritornando al Natale, credi che quest’anno saremo tutti un po’ più buoni e più uniti oppure il contrario? Secondo te, quale impatto ha avuto questa pandemia negli animi delle persone?
Sono una persona piuttosto pessimista, quindi penso che la gente non veda l’ora di riprendere in mano la vita che aveva prima; non so quanto la gente possa pensare a cosa ci abbia lasciato di buono quest’esperienza. In ogni caso mi auguro che ognuno di noi capisca che i vantaggi di cui possiamo godere -anche solo andare a fare una passeggiata o la bellezza di un abbraccio- sono diventati ormai privilegi che purtroppo, altre persone, nel mondo, non possono avere, in certe situazioni a prescindere dal Covid19. E ora, come tutti i giorni, il mio pensiero va proprio a queste povere persone. Spero che la pandemia insegni ad essere sempre grati per quello che si ha: questo è l’unico modo, per me, per superare i momenti bui e di sfruttare questa felicità possediamo per aiutare anche altri a stare meglio.
Qual è il ricordo più bello che hai del Natale?
Mangiare
Se fossi Babbo Natale, cosa regaleresti agli studenti del Liceo Annibal Caro?
Una seduta psichiatrica ahahah. No, a parte gli scherzi, regalerei la voglia di conoscere, per avere la possibilità di scoprire sé stessi, ciò che si ama e soprattutto potersi informare su quello che ci succede intorno, cercando, ognuno nel suo piccolo, di sconfiggere ingiustizie e disonestà quotidiane. Chiudere gli occhi, essere passivi e far finta di nulla, non è mai la giusta soluzione.
Piuttosto, facciamo un viaggio nel tempo: a quale età hai smesso di credere che un uomo barbuto con un completo rosso ti portasse dei doni la sera della Vigilia?
Non ci ho mai creduto, mio padre una volta ha provato a travestirsi ma l’ho sgamato subito. Era ancora sporco di nutella sulla bocca perché si era mangiato un bel panino. Tale padre, tale figlia!... Aspetta, era così?
Domanda trabocchetto: festeggerai Capodanno?
Risposta imprevista: si, al calduccio con i miei cani.
DOMANDA EXTRA Affianca due professori/professoresse rispettivamente al Grinch o a Babbo/Mamma Natale!
Isabella Mezzabotta è Mamma Natale perché non riesce a non vestirsi di rosso per un giorno, in più è una persona molto premurosa, quindi ce la vedo.
Il Grinch è sicuramente Massimo Cupelli perché non l’ho mai visto sorridere in due anni come nostro professore.
Era una notte buia e tempestosa - Episodio 2
Di Matteo Baldassarri
Nella nave scoppiò il panico.
Gente che gridava, che correva, che pregava, non sapendo cosa stesse succedendo… Alcuni, non appena un’onda prendeva la fiancata, iniziavano a pregare, pensando che da un momento all’altro la crociera potesse affondare.
“Nemmeno i bambini delle elementari fanno così tanto casino quando si spegne la luce…” pensò con disprezzo Castilon. “Ora come facciamo a ritrovare il vecchietto e il cadavere?”
“Elementare, Watson” disse con fare sicuro Pierre “del resto, siamo su una crociera, non potrà di certo scappare lontano. Aspetteremo domani, e ci rivolgeremo direttamente al capitano per trovare quest’uomo”.
Ovviamente, come da manuale, la legge di Murphy entra in azione: il giorno dopo, infatti, nonostante avessero mobilitato qualunque persona disponibile sulla barca a cercare un malridotto vecchietto spelacchiato, non trovarono nessuno. Sconsolati dal fatto che la loro missione era fallita miseramente, tornarono al luogo del delitto, cercando alcune prove. Ma, ovviamente, affinché la storia sia avvincente, non posso permettermi di far trovare ai due protagonisti delle prove così presto, capitemi…
In altre parole, anche il luogo del delitto è misteriosamente pulito a dovere. Non una macchia di sangue, non un’impronta di scarpa… Quasi che nel frattempo, qualcuno fosse passato lì a ripulire, ma con una premura e con una precisione praticamente impeccabili. Non una traccia dell’omicidio. Il capitano stesso, Lucian Von Lattanz, si sarebbe alterato non poco se non fosse a conoscenza dell’abilità e della fama del detective francese davanti a lui, Pierre Ferrachue.
“Brutta cosa questa. Ora come si va avanti?” chiese Castillon, perso.
“Non farti scoraggiare così presto, Castillon, ti ricordo che noi abbiamo ancora la tangibile prova che può confermarci l’assassinio, e soprattutto tra poco saranno finite le ricerche del pover’uomo che è stato ucciso…”
“E quale sarebbe la prova?”
“La mia giacca: ti ricordo che c’è ancora del sangue lì sopra, e di certo ci sarà d’aiuto…”.
Nel frattempo, in un punto indecifrato della nave…
“Perfetto… sì, doveva essere tutto perfetto, ma sono arrivati loro… loro hanno visto… ero preparato, ho spento le luci, sì… tanto, prima o poi, avrebbero notato la sua scomparsa, sì… ma loro hanno visto il corpo, e me… ero camuffato, non mi hanno riconosciuto… hanno chiesto anche a me se avessi visto l’uomo per cui mi ero camuffato, sì… va tutto come previsto, tranne… il sangue… c’era più vento di quanto avessi calcolato, non me l’aspettavo… del sangue è caduto, ora sta sulla giacca… quella giacca… dovrei bruciargliela? Dovrebbe sembrare un incidente… un incidente… no, rischiano di scoprirmi così… a meno che… no, non la indosserebbe mica di nuovo… no, va bene così… senza il corpo, non hanno prove, non mi scopriranno… ora devo… solo… rilassarmi...”
Pierre si fermò. Guardò un punto indecifrato nel vuoto, sotto l’attento sguardo di Castillon. Sì, la vedeva, la prova… solo così avrebbe potuto fare qualche passo. L’analisi del sangue non sarebbe servita a niente–avrebbero comunque scoperto chi fosse la vittima, non sarebbe stato affatto utile. Per l’assassino, invece, bisognava agire fuori dagli schemi, cercare prove dal nulla… sarebbe stato difficile, certo, ma di tempo ne aveva…
“Peccato aver sprecato tutti quei soldi per una crociera che passerò lavorando…”
INTERVISTA DOPPIA al GRINCH e a BABBO NATALE
Di Sofia Palloni
NOME
BN: Santa Nicholas Sinterklaas Claus
G: Leggete la presentazione e provate a indovinare…
ETÀ
BN: 1700 anni
G: 53
STATO CIVILE
BN: Felicemente sposato
G: Sono ancora sulla piazza, quindi se qualche signora fosse interessata, si faccia pure avanti.
Cominciamo con le domande: COS’È PER VOI IL NATALE?
BN: Per me rappresenta la speranza e il darsi un po’ più da fare per gli altri rispetto all’ordinario.
G: Non avevamo già cominciato?
Comunque, una festa abbastanza inutile.
Ci sono motivi per cui amare o odiare questa festa?
BN: Amo tutto del Natale: le persone, i regali, l’atmosfera, le canzoni… per non parlare poi del buon cibo!
G: La cosa che mi dà più fastidio è, soprattutto, tutta questa felicità immotivata, ma potrei essere più persuasivo.
*Fa presentazione con grafici e tabelle*:
1)Il dover spendere soldi per dei regali per poi ricevere le solite tazze da the o quattro calzini riciclati dell’ultimo minuto.
2) i pranzi con i parenti che non sarebbero male, se non fosse i parenti stessi con cui non ti senti mai, ma proprio a Natale ti caricano di domande o chiacchere sul gatto dell’ennesima zia.
3)La messa di Natale in cui puntualmente ci si addormenta risvegliandosi alle 2:00 quando è finito tutto
4) quei tizi che vanno porta a porta per le elemosina ai poveri, ma dateglieli voi i soldi a quegli orfanelli.
Il regalo più bello che hai mai ricevuto?
BN: La felicità delle persone
G: Probabilmente il carbone della befana. *Guardando minacciosamente Babbo Natale*
Ma almeno lei si è degnata di farmi qualcosa al contrario di qualcun altro…
Come pensate sarà questo Natale alternativo?
BN: Ovviamente la sicurezza prima di tutto, ma tutto ciò è proprio avvilente. Quest’anno anche le lettere mi sono arrivate via mail…
G: Beh, il Natale dei miei sogni.
Un saluto per i lettori?
BN: Buon Natale a tutti e fate i buoni.
G: Non posso andarmene e basta? Ah no, non posso…? Vabbè, allora buon Lockdown a tutti e ricordatevi che ce la faremo!
CAFFÈ
Piante nell’antica Grecia – il melograno
Di Simone Formentini
Il melograno è un frutto dalle origini antichissime, sacro già nell’antico Egitto, dove simboleggiava opulenza e prosperità, testimoni le numerose raffigurazioni nelle tombe; simbolo del sole nello Zoroastrismo in Persia, dove diventerà poi ricorrente motivo nei celebri tappeti; presente persino nella cultura ebraica con il nome rimonim, simbolo di giustizia e buon augurio.
Per la numerosità dei suoi acini e dei suoi semi, è diventato sinonimo di fecondità, di rinascita e della bellezza femminile, ma anche della superbia e della morte, dal macabro e irrefrenabile fascino.
In Grecia, tradizionalmente, nasce dal mito di Side, sposa di Orione, tanto sensuale quanto pretenziosa, il cui smisurato ego la portava a ritenersi più bella di Era. La dea allora, punì quest’empio atto di superbia scaraventando Side nell’Ade e trasformandola in una pianta di melograno. Subito si ha un assaggio dell’amara duplicità del frutto, di estraniante bellezza e patetica vanità, morte e rinascita. Altre tradizioni legano la sua nascita al sangue di Dioniso che, caduto in terra, avrebbe generato la pianta.
Riconducibile inoltre alla figura di Niobe, regina della Lidia, donna talmente orgogliosa della sua fertilità che peccò anche lei di tracotanza nei confronti di Latona, madre di Apollo e Artemide. La regina ebbe infatti ben quattordici figli, sette maschi e sette femmine, e scherniva la dea, che invece ne aveva partoriti solo due. Tale peccato non rimarrà impunito, Apollo ucciderà i figli maschi e Artemide le femmine, e Niobe, straziata dal dolore, si trasformerà in pietra alle pendici di un monte, destinata al perenne lacrimare.
In questo mito la regina incarna quindi il parallelismo di significati del frutto, una donna fertile condotta dalla propria superbia alla sua tragica fine, la morte corporea ma anche, in qualche modo, dell’anima, la cui essenza è stata mutata in qualcosa di non vivente, non pensante, non fertile e incapace di provare emozioni. L’unica cosa che le è rimasta è il pianto, eterno e vuoto, eco del passato dolore.
Lo stesso collegamento si può fare nel mito di Persefone, figlia di Demetra, rapita dal dio Ade che la prese come consorte. La madre, disperata per la perdita della figlia, nella vana ricerca di ritrovarla, decide che sulla terra non sarebbe più cresciuto nulla, causando carestie e infertilità. Seppur volendo, Persefone non poteva tornare sulla terraferma: una volta nell’Ade, mangiò infatti i chicchi di melograno che le erano stati offerti, e l’inesorabile destino di coloro che mangiano la frutta dell’Ade è di rimanerci. Tuttavia, non avendo mangiato l’intero frutto, Zeus riuscì a giungere ad un accordo con Ade, facendo sì che ella tornasse per sei mesi, periodo in cui la terra sarebbe stata florida e fertile, dalla madre, e trascorresse gli altri sei, durante i quali la terra sarebbe stata improduttiva e sterile, con il marito.
Il melograno simboleggia quindi il legame che la condanna in eterno agli inferi, come il frutto proibito, dall’irresistibile tragicità e atrocemente afrodisiaco, vortice di paradisiaca femminilità e orgoglio.
Apologia del bel scrivere
Di Laura Fiorella Necoara
Per quanto il gusto attuale ritenga desueto l'uso di una scrittura esteticamente ineccepibile oltre che grammaticalmente corretta, bisogna ribadire forse che la mediocrità non può essere ritenuta arte. Ciò certamente si oppone alla superbia di alcuni neo-scrittori che, messe su carta delle parole vagamente legate fra loro, credono di potersi elevare tanto da raccogliere la corona d'alloro dalle braccia, ormai stanche per tanta inutile attesa, delle Muse. Ciò in cui costoro sono decisamente carenti è una virtù fondamentale per chiunque abbia il coraggio di procedere sul sentiero artistico: l'umiltà intesa come rinuncia alla pretesa di essere più di quello che si è ed una critica tagliente e costante verso il proprio operato. Uno scrittore deve avere la consapevolezza che ciò che egli ha espresso avrebbe potuto assumere una forma ipoteticamente migliore, ma essa ha valore proprio per l'imperfezione dichiarata del suo creatore. L'alterigia può solo tradursi in retorica vuota e inconcludente, sempre simile a sé stessa perché nulla spinge il superbo a migliorarsi in quanto persuaso di essere già all'apice.
Uno stile di scrittura bello ed artisticamente valido non può, inoltre, essere tale soltanto perché privo di errori grammaticali, che comunque abbondano insieme alla mancanza di logica in gran parte degli acclamatissimi bestseller odierni. Uno stile di questo tipo, tecnicamente corretto e senza pretese estetiche, può essere adoperato in opere a scopo puramente didascalico, ma persino il giornalismo richiede più di questo ed a maggior ragione l'arte letteraria è pretenziosa. In essa le parole fanno parte di un gioco di significati, suoni ed espressioni. Questo finissimo gioco, però, non è possibile se prima non si ha una padronanza assoluta della lingua, per avere la quale è necessario un continuo studio. Il gioco risulta sempre imperfetto in qualche punto, ma deve necessariamente essere perfetto nella costruzione del suo scheletro, della sua colonna portante: una trama solida e dei personaggi tanto curati da parer veri. Invece di una fabula intricata che, però, non risulta verosimile optate per un intreccio più lineare: anche le storie semplici hanno molto da raccontare se si sa come farlo. Non si è obbligati a scrivere personaggi incredibili, ma credibili. Indipendentemente dal genere entro cui si opera, nel mondo narrato ci devono essere leggi che regolino l'azione; leggi di cui il lettore deve essere a conoscenza, ma non perché riferitegli dalla voce narrante, bensì intuite dal comportamento stesso dei personaggi che entro quei limiti vivono.
Per ottenere un buon risultato nella costruzione di differenti caratteri realistici e complessi, cosa di capitale importanza, l'autore ha la necessità di sviluppare una penna duttile ed una mente aperta e pronta a cogliere gli spunti del mondo. Fuggite le frasi fatte, fuggite i luoghi comuni. Non perché dei grandi l'ebbero detto a loro tempo voi dovete ripeterle come una preghiera nei vostri scritti: commentare è legittimo, assumere come principio unico indimostrabile è dogmatico, tutto il contrario di quel che è l'arte. Non siate troppo astratti; descrivete quel che c'è, ma in base alla focalizzazione che avete scelto. Rendete ogni cosa funzionale allo scopo dell'opera. Ogni opera deve avere uno scopo, un messaggio di fondo, un'idea da comunicare. Se non c'è smettete all'istante: perché sprecare tempo, energie e parole per non comunicare nulla?
Per ritornare al discorso dell'umiltà, imparate a riconoscere la grandezza degli altri ed assumeteli come maestri con l'intento di superarli infine. Scrivere non è solo un passatempo che può far guadagnare, scrivere è una necessità profonda che guida la vita di alcuni e non è una strada facile da percorrere. Mettere in dubbio se stessi e vivere un po' tra i vivi ed un po' tra gli inesistenti è cosa difficile.
Come uomini necessitiamo d'arte, come uomini viventi in questo periodo storico necessitiamo di artisti.
Coca-Cola, dalle origini fino al momento in cui ha cambiato il Natale
Di Marta Antonelli
L’8 Maggio 1886 è una data che non molti conoscono, ma che segna indubbiamente l’inizio di un’era: l’era della Coca-Cola. Proprio in quella data infatti il farmacista statunitense John Stith Pemberton brevettò quella bibita analcolica che oggi tutti riconosciamo come Coca-Cola, prodotto che darà successivamente il nome alla Coca-cola Company.
La società di Atlanta è una delle aziende ad oggi più ricche al mondo, indicatori inconfutabili del suo successo sono i numeri da capogiro che continua a collezionare anno dopo anno; secondo il rapporto annuale del 2005 infatti la società distribuisce i suoi prodotti in più di 200 paesi in tutto il mondo e la Coca-Cola si attesta come la bibita analcolica più venduta sul mercato. Ma da dove arriva la bibita analcolica per eccellenza e qual è la sua storia?
Mr. Pemberton inizialmente concepì la Coca-Cola non come una vera e propria bibita, bensì come un vino dalle potenzialità farmaceutiche, capace di curare il mal di testa e far passare la stanchezza. Infatti la prima versione del prodotto si chiamava "Pemberton's French Wine Coca" ed era sostanzialmente una diversa versione di una miscela di vino e foglie di coca, a quel tempo molto popolare in Europa.
Il farmacista statunitense però dovette presto fare i conti con gli anni del proibizionismo e si trovò a dover sostituire il vino con un estratto di foglie di cola, una pianta proveniente dall’Africa ritenuta non dannosa. La ricetta della Coca-Cola però, nonostante i numerosi cambiamenti che gli sono stati apportati negli anni, a partire dalla rimozione della percentuale di estratto di coca, divenuto illegale, rimane segreta.
Negli anni successivi alla fondazione vera e propria della Coca-Cola Company, nel 1885, John Pemberton si trovò in forti difficoltà economiche e fu costretto a cedere quote della sua azienda a diversi imprenditori, primo tra tutti Asa Candler, uomo d’affari e sindaco di Atlanta che aveva intuito il potenziale della bibita.
In questi anni Candler diede inizio ad una massiccia campagna pubblicitaria. A partire dagli anni ’20 iniziò la diffusione della Coca-Cola su scala mondiale, la sede dell’azienda venne spostata a New-York e il resto è storia. Oggi più del 90% della popolazione mondiale riconosce il suo marchio, che ormai siamo abituati a vedere ovunque: dalle bottiglie sugli scaffali del supermercato alle pubblicità in tv, dai frigoriferi dei bar ai vestiti, dalle radio che dagli anni ’80 mandano in onda “Bollicine” del grande Vasco Rossi alle famosissime tele di Andy Warhol.
Un aspetto fondamentale che contraddistingue il marchio Coca-Cola è la massiccia campagna di marketing e quindi i numerosissimi annunci pubblicitari che lievitano in particolare nel periodo natalizio. Le pubblicità natalizie raffigurano sempre alla perfezione l’icona del personaggio di Babbo Natale, o Santa Claus: il signore bonario, paffuto, dalla barba bianca che tutti conosciamo bene per essere un grande amico dei bambini.
La figura di Babbo Natale deriva da diverse tradizioni che si sono fuse assieme e per molti anni è stato rappresentato come un ibrido: a volte era visto come un folletto, in riferimento alla tradizione germanica, altre invece come un vecchio saggio, immagine che ha origine da San Nicola.
L’immagine di Babbo Natale come la conosciamo oggi si è diffusa solo a partire dagli anni ‘30, quando Haddon Sundblom il disegnatore ufficiale della Coca-Cola Company ha iniziato a rappresentare il suo personaggio regalandogli un aspetto più umano e vestendolo di rosso. Babbo Natale è stato rappresentato in molti modi e gli sono stati attribuiti molti colori diversi, l’azienda non ha fatto altro che sfruttare il rosso a suo favore, riproponendo nelle pubblicità l’illustrazione che oggi è diventata il “nostro” Babbo Natale.
In sostanza Coca-Cola non ha costruito il personaggio del Natale per antonomasia, ma attuando un’intelligente mossa di marketing è riuscita a presentare al mondo una versione più fresca della tradizione, strettamente legata al suo marchio, una figura che oggi è stata standardizzata. In qualche modo l’azienda è riuscita a collegare il suo brand al periodo natalizio, diffondendo a livello mondiale la sua pubblicità e il suo modo di immaginare il Natale. Ad oggi è ormai chiaro infatti che se si pensa alle festività, ai regali, alle famiglie riunite e ai bambini, si pensa anche, in parte, alla Coca-Cola.
I motori: la Bugatti Voiture Noire
di Edoardo Zeppilli
Nel lontano 1938 la Bugatti mise in produzione straordinaria un modello che avrebbe cambiato il concetto di aerodinamica moderna, La Bugatti type 57 SC Atlantic. Da molti è considerata come la prima Supercar grazie alla enorme velocità che poteva raggiungere.
Per i due anni di fabbricazione seguenti, videro la luce altri 3 esemplari di questa splendida vettura. Ad oggi sappiamo esistono due esemplari: una è stata acquistata da un anonimo all’asta per una spaventosa cifra superiore a 30 milioni di dollari, mentre l’altra fu acquistata nel 1988 dal famoso stilista Ralph Lauren ed è in suo possesso tutt’ora; un’altra ancora andò distrutta in un incidente nel 1955.
Arriviamo a lei… La Voiture Noire, detta così per il suo colore, l’unico degli esemplari originariamente verniciato in questo modo. Si dice che un noto banchiere tedesco la nascose dietro ad un muro fittizio per evitare che le SS la razziassero. Da allora non ci sono più sue notizie.
Ma proprio quest’anno la Bugatti, dopo anni di scarsi successi e modelli alquanto discutibili, propone la rivisitazione, fedele nella sua “irrealtà”, della mitica vettura. Proponendo e superando le caratteristiche che erano così apprezzabili nel modello del ’38.
Le uniche pecche sono il prezzo da capogiro e la tiratura proposta per questo modello, come da tradizione Bugatti già limitatissima, ma stavolta veramente infima, di un solo modello. Nonostante questo penso sia una dell’auto più riuscite della casa automobilistica Francese.
MUSICA
Christmas Carol, il Natale e la sua musica
Di Alice Cruciani
Il Natale è ormai alle porte. Quando pensiamo a questa festività le prime cose che ci vengono in mente sono assolutamente la famiglia, i regali, l’atmosfera natalizia e i canti di Natale. Chi è che non ama cantare o ascoltare queste piacevoli melodie? Da dove vengono?
Il canto natalizio è nato a scopo liturgico intorno al VII secolo; erano principalmente ninna nanne scritte in latino dedicate al Gesù bambino e accompagnavano le funzioni religiose. I canti entrano a far parte della cultura popolare nel XVII secolo, quando alcuni compositori, come Bach con il suo Oratorio di Natale, scrissero brani con temi inerenti alla vita della campagna in una lingua comprensibile al popolo. Raggiunsero l’apice di popolarità durante l’Età Vittoriana, Inghilterra, dove s’iniziarono a raccogliere e a catalogare i vari inni e canti che erano stati tramandati oralmente.
La fama di queste canzoni deriva dai piccoli cori che intonavano questi brani natalizi tra le strade delle città più importanti d’Europa: sono i Christmas Carolers. Essi andavano di porta in porta a cantare gli auguri alle famiglie, ricavandone spesso qualche mancia che poi veniva data in beneficienza.
Negli ultimi secoli, la tradizione di comporre canzoni natalizie ha continuato a interessare autori di tutto il mondo. Alcune delle canzoni più celebri risalgono agli anni 1700-1800.
La famosissima “Jingle Bells”, ad esempio, è nata nel 1857 ed è stata scritta da James L. Pierpont, il quale si ispirò alle corse di slitta di Medford. “Tu scendi dalle stelle” è stata composta nel 1754 dal vescovo e compositore Alfonso de’ Liguori.
Fa parte ancora oggi del repertorio natalizio italiano insieme ad “Adeste Fideles”, che al contrario, appartiene ad un compositore la cui identità è ignota, poiché su di lui non esistono abbastanza fonti e informazioni.
“Astro del Ciel” o “Silent Night”, risalente al 1816 circa, venne composta da don Joseph Mohr e Franz Xaver; brano di enorme successo tradotto in 300 lingue e dialetti avente ben 733 versioni diverse. Sono del XX secolo “Happy Xmas” di John Lennon, “Last Christmas” degli Wham oppure “All I want for Christmas is you” di Mariah Carey.
Artisti come Ella Fitzgerald, Luciano Pavarotti, Michael Bublé, Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura hanno realizzato album di cover natalizie, indipendentemente dai loro abituali ambiti musicali. Dopotutto come resistere alla tentazione di cantare una “Christmas Carol”.
La battaglia del Britpop
Di Giulia Pistolesi
Nell’Inghilterra degli anni 90, in risposta all’enorme successo riscosso da nuovi stili musicali come il Grunge e l’Hip-Hop, nacque il cosiddetto “Britpop”. Questo genere, che tentava di conciliare sonorità anni sessanta con quelle più moderne, ebbe sin da subito grande seguito in Gran Bretagna, ma proprio a causa del suo carattere particolarmente “british", trovò difficoltà ad affermarsi nel resto del mondo.
E così, dei tanti artisti che lo sperimentarono, non furono molti quelli che riuscirono a trovare posto nel variegato panorama musicale internazionale dell’epoca. Tra i pochi fortunati, spiccano nomi come i Suede, considerati i padri di questa corrente, i Pulp, i Radiohead, gli Oasis ed i Blur.
In particolare, questi ultimi due, furono i protagonisti indiscussi della gran parte del decennio. Infatti, sia gli Oasis, formatisi nel 1991 a Manchester, che i Blur, a Londra nel 1988, godevano di grandissima fama. Inizialmente i gruppi erano in buoni rapporti, ma nel giro di poco meno di un anno, nacque una rivalità tale da essere paragonata a quella che contrappose i Beatles e i Rolling Stones qualche decennio prima.
Per provare a ricostruire le dinamiche di quella che venne definita la ‘’Battaglia del Britpop’’, bisogna tornare indietro di 25 anni. Infatti, nel 1995, gli Oasis, dopo l’enorme successo riscontrato con l’uscita del loro pluripremiato disco di debutto ‘'Definitely Maybe’', puntavano alla leadership come miglior band Britannica. Così individuarono i loro ‘’avversari’’ nei Blur, che all’epoca avevano già pubblicato 3 album, ritenuti tra gli artisti inglesi più promettenti.
Nel giro di poco tempo iniziarono ad essere sempre più frequenti attacchi e accuse verbali da parte del gruppo di Manchester, e più in particolare da parte dei suoi fondatori, i fratelli Noel e Liam Gallagher, verso il frontman dei Blur, Damon Albarn. La tensione giunse ad altissimi livelli quando durante un’intervista, gli Oasis augurarono al cantante di contrarre l’AIDS.
I giornali ed i media, inoltre, ricoprirono un ruolo importante nell’ingigantire la situazione e quindi nell’ alimentare la tensione, tramite articoli e copertine che passarono alla storia. Nell’estate dello stesso anno, ad anticipare gli album ‘’Morning Glory?’’ degli Oasis e ‘’ The Great Escape’’ dei Blur, era prevista la pubblicazione di un singolo da parte di entrambe le band. I secondi ne anticiparono strategicamente l’uscita al 14 agosto, data in cui era previsto anche il rilascio della canzone dei rivali. Fu questo il giorno in cui si disputò ‘’the Battle of Britpop’’. A una settimana da quella storica giornata, vennero forniti i primi risultati sulle vendite, e ‘’Country House’’ dei Londinesi, con 274.000 copie vendute, ebbe la meglio sulle 216.000 di ‘’Roll with It’’.
Se i Blur vinsero la Battaglia, gli Oasis si aggiudicarono la guerra. Infatti, quando ad ottobre vennero finalmente messi in commercio i dischi, Morning Glory, capitanato dalla famosissima Wonderwall, divenne un fenomeno commerciale che incoronò il gruppo come i re del Britpop e, più in generale, della scena musicale di gran parte degli anni 90.
Addio Eddie
L’influenza di E. L. Van Halen sulla musica contemporanea
Di Edoardo Zeppilli
A più di un mese dalla scomparsa del grande chitarrista, mi sembra un peccato non fare qualche riflessione su quanto abbia influito, contribuendo non poco, sulla musica moderna.
Fin da ragazzo dimostra un’attitudine e una tecnica fuori dal comune: non imparò mai a leggere gli spartiti, fece sempre affidamento sulla televisione per vedere e apprendere, fino a entrare, con merito, nell’olimpo del rock come uno degli ultimi Guitar Hero.
Il tapping, la tecnica che rivoluzionò lo studio dello strumento negli anni a venire, si basa sulla capacità di suonare le note direttamente sulla tastiera senza bisogno del plettro. Insieme al fratello, il batterista Alex Van Halen, fondò la band omonima con cui fece uno dei migliori debutti discografici di tutti i tempi.
Con la traccia strumentale “Eruption” mette in mostra il suo dono divino, ne consiglio fortemente l’ascolto…N.d.R. Proseguì negli anni aderendo sempre allo stesso stile che lo caratterizzò musicalmente, ma possiamo riconoscere e apprezzare la sua chitarra anche al di fuori dei Van Halen, per citare l’esempio più famoso nel mitico assolo di “Beat it” di Michael Jackson.
Fu innovatore anche dal punto di vista della strumentazione in quanto, in un’era dominata dai colossi Fender e Gibson, lui non riuscendo a scegliere, perché apprezzava aspetti di una e dell’altra, decise di creare lui stesso la sua chitarra, la mitica Frankie, pagando per tutti i materiali circa 80 dollari, uno strumento per cui oggi i collezionisti pagherebbero cifre da capogiro.
Purtroppo per Eddie la vita non è mai stata tutta rose e fiori: era nato in Olanda e la sua famiglia si trasferì presto in California; la loro madre era vietnamita, per questo i fratelli Van Halen erano considerati diversi e per questo derisi e picchiati.
Ormai in, quasi, tarda età gli venne diagnosticato il cancro alla lingua che in un primo momento sembrava aver sconfitto, ma che lo ha portato via ad appena 65 anni.
Eddie mi ha ispirato a cominciare lo studio dello strumento e per questo ho un debito morale enorme nei suoi confronti. Di seguito consiglio una piccola lista con alcuni dei brani migliori dei Van Halen:
Jump
Eruption
Panama
Ain’t talkin ‘bout love
Hot for teacher
Ice cream man
Dream
Dance the night away
MUSICA NEI VIDEOGIOCHI:
Super Smash Bros Brawl
Di Sveva Maria Pilati
Super Smash Bros Brawl è un videogioco Platform “picchiaduro” a incontri sviluppato dalla Sora Ltd. per la console Nintendo Wii. È il successore di Super Smash Bros e Super Smash Bros Melee.
Le caratteristiche peculiari del gioco sono un largo utilizzo della Nintendo Wi-Fi Connection, consentendo ai giocatori di connettersi online, lo scambio di foto e tanto altro, la possibilità di creare i propri scenari, scattare fotografie durante il gameplay e anche di registrare i propri combattimenti.
La musica è stata composta da Nobuo Uematsu e ciò che rende leggendaria la sua intro, il cui nome è “Audi Famam Illius”, è l’essere cantata in latino.
Questo pezzo unico è stato scritto da Masashiro Sakurai, autore del videogioco, è stata cantata dal tenore Ken Nishikiori e dal soprano Oriko Takahashi. Questo brano ha toni solenni, epici e sontuosi, proprio come un’opera lirica di tutto rispetto.
Questo brano può essere ascoltato in due momenti precisi all’interno del gioco: durante l’intro e, successivamente, al termine della modalità avventura, ovvero l’emissario del sub-spazio, con tanto di testo e traduzione.
Questo videogame ha diverse modalità di gioco, singole e di gruppo, 41 scenari di combattimento e 35 personaggi, di cui alcuni già disponibili, mentre altri si conquistano strada facendo. All’interno di questo gioco, Snake è il primo personaggio con cui giocare a provenire da un videogioco PEGI 18.
Gli scenari influenzano attivamente la lotta, modificando la propria forma, riuscendo inoltre a ferire i combattenti, anche di tipo tradizionale.
Super Smash Bros Brawl ha venduto più di 13 milioni di copie in tutto il mondo, divenendo l'ottavo gioco più venduto per Wii e durante la prima settimana di commercializzazione negli Stati Uniti ha venduto 1.4 milioni di pezzi diventando il videogioco più venduto tra quelli pubblicati da Nintendo nel Nord America.
ARTE
LA NATIVITÀ
uno sguardo ai capolavori dell’arte
Di Alice Petrozzi
A Natale è consuetudine ammirare opere che ricordano la nascita di Gesù. Ma, è in alcuni dei più celebri capolavori artistici, che la Natività è rappresentata come attrazione dei Magi e dei pastori, per evidenziare l’Epifania del Divino nel mondo.
Attraverso un elenco di opere sul tema ne conosciamo il valore artistico: “L’adorazione dei Pastori” di Rubens, conservata nella chiesa di San Filippo Neri di Fermo si pone alla base del nostro percorso, tra le più particolari Natività mai dipinte. Tale opera è stata commissionata a Rubens da padre Flaminio Ricci. Il quadro, data la sua grandezza, è stato esposto a Milano, a Bruges, a Venezia e, soprattutto, in Vaticano. Il fulcro della scena consiste nella Vergine che solleva il velo con il quale è coperto il Bambino posto su una culla di paglia ed avvolto da una luce divina. Inoltre sono presenti tre angeli e San Giuseppe in penombra.
“Natività di Gesù” e “Il Presepe di Greccio” di Giotto sono due dei più importanti lavori dell’artista toscano i quali presentano il tema della nascita di Gesù sotto due differenti aspetti. La vera e propria Natività, la prima citata, completata nel 1305 e conservata nella Cappella degli Scrovegni a Padova, rappresenta Maria che pone nella culla Gesù grazie all’aiuto di una donna, figura che compare poche volte nei quadri della Natività. Giuseppe è posto in basso, in un atteggiamento di subordinazione nei confronti di Dio.
Il presepe di Greccio illustra invece un episodio avvenuto in un paesino vicino Assisi, quando San Francesco aveva deciso di far rivivere agli abitanti del borgo la nascita di Gesù. Proprio nel momento in cui si chinò verso la culla gli apparve un bambino dormiente disteso sulla paglia. Questo miracolo ripreso da Giotto ricorda la vicenda che portò alla nascita del presepe.
“Adorazione del bambino” di Lorenzo Lotto del 1523. Conservata alla National Gallery of Art a Washington nasce come un quadro che ha il compito di indurre i fedeli ad adorare il concetto stesso di famiglia prendendo spunto da Maria, Giuseppe e Gesù. Elemento particolare del quadro è la presenza di un crocifisso, inserito nel dipinto per portare il credente a ricordare dentro di sé il destino di Gesù, morto sulla croce.
“Adorazione dei Magi” di Gentile da Fabriano. È un’opera che, terminata nel 1423 e conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze, non raffigura il momento della nascita di Gesù, ma ripercorre gli eventi avvenuti il giorno dell’Epifania con l’arrivo dei Magi.
Un’altra Natività da poter correlare alla raffigurazione di Rubens è la “Natività Mistica” di Botticelli del 1501 conservata a Londra, alla National Gallery. Tale opera rappresenta la massima devozione del pittore che, in seguito ad una lacerazione interiore dovuta alla cacciata dei Medici da Firenze dopo la morte di Lorenzo, decide di dedicare la sua vita ad una fede più pura. Nel quadro troviamo Maria e Giuseppe in adorazione del Bambino e alcuni angeli che lo indicano sia ai Magi che ad alcuni pastori. Al di sopra della scena principale sono raffigurati dodici angeli che eseguono la danza della vita.
“Fermiamoci davanti al Bambino di Betlemme. Lasciamo che la tenerezza di Dio riscaldi il nostro cuore.”, dice Papa Francesco e allora… BUON NATALE A TUTTI E TUTTE!
Spazio MOSTRE
Uno sguardo su Banksy: chi è il vero artista?
Di Elisa Bacalini
“Banksy a Visual Protest” è l’attuale mostra dell’artista inglese in programma fino all’11 aprile 2021 al Chiostro del Bramante a Roma. Scandita in 90 opere, offre l’occasione per una riflessione sull’impatto che l’arte può avere e le sensazioni che è in grado di suscitare.
Bansky è considerato uno dei maggiori esponenti della street art. La sua identità è anonima, “l’invisibilità è un potere” così afferma. Presumibilmente nato all’inizio degli anni Settanta a Bristol, la sua produzione risale alla fine degli anni Novanta; da Bristol a Londra, per giungere a New York, Gerusalemme, Venezia: la sua pungente arte ha spopolato, arrivando a guadagnarsi il quattordicesimo posto nella classifica delle cento personalità più influenti nel mondo dell’arte.
I temi toccati dalla sua produzione satirico - sociale sono molteplici: guerra, globalizzazione, consumismo, politica, potere. Per una realizzazione rapida - utile a evitare noie con la legge - l’artista adopera lo stencil, una maschera che permette di replicare in serie un’immagine.
Il writer inglese veicola così un importante messaggio: l’arte deve essere alla portata di ognuno, e non un mero possedimento privato. L’immagine può essere infatti riprodotta da chiunque per quante volte si vuole, ponendo in secondo piano l’artista, per giunta sconosciuto, e rendendola ideazione comune. Banksy, in tal modo, si identifica e si mette al livello del suo pubblico; per questo motivo sono così aspre le critiche mosse ai musei e gallerie d’arte. «L'arte che guardiamo è fatta da solo pochi eletti […]. Quando vai in una galleria d'arte sei semplicemente un turista che guarda la bacheca dei trofei di un ristretto numero di milionari». L’arte di Banksy non è patrimonio di un Palazzo o edificio storico: è stata concepita per la strada e per chiunque, senza dover pagare un biglietto per l’ingresso o sostare per un dato limite di tempo.
Grazie ad essa, si attua la critica sociale: a Venezia realizza “Il Naufrago bambino” in seguito al blocco dei migranti da parte del governo italiano in carica; il celeberrimo “Girl with Balloon” è stato replicato per supportare la campagna in Cisgiordania; ed ancora “I soldati del Kissing coppers” si beffano con il loro passionale bacio del mondo militare, dove l’omosessualità è quasi bandita.
Banksy condividendo la sua arte permette un nudo scambio con l’altro, privo di mediazioni, quali teche o spiegazioni di professoroni, che è possibile realizzare solamente con linee nette e chiare che solcano i muri delle città.
In “Sweeping it Under the Carpet” (Londra, 2006-2007) viene rappresentata una cameriera che nasconde la polvere sotto al tappeto, che allude alla coscienza “sporca” di chi detiene il potere e alla tendenza a mantenere una facciata pulita di fronte ai quotidiani disagi sociali.
“Flower Thrower” (Gerusalemme, 2003) è un’altra immagine iconica che rappresenta un manifestante con il volto coperto che lancia una molotov, in realtà un mazzo di fiori, rappresentando sia l’auspicio di una protesta non violenta, sia mettendo in dubbio l’equiparazione fra chi manifesta contro il sistema e l’atto violento.
LIBRI
Canto di Natale di Charles Dickens
Di Stefano Serena
Pubblicato per la prima volta nel 1843, “A Christmas Carol” di Charles Dickens è di certo un classico della letteratura inglese, nonché uno dei racconti sul Natale più commoventi e famosi che ci siano.
La storia è ambientata in una Londra Ottocentesca e il protagonista è il vecchio Ebenezer Scrooge, un ricco banchiere estremamente avido, scontroso, senza amici e con una certa repulsione per il Natale. È la vigilia di Natale e Scrooge si sta preparando a trascorrere la festività da solo nella sua misera casa, quando viene sorpreso dalla visita dello spettro del defunto amico e collega, Jacob Marley, che lo ammonisce per la sua durezza d’animo e gli annuncia la futura visita dei tre spiriti del Natale presente, passato e futuro.
Questi ultimi condurranno Scrooge in un viaggio attraverso i momenti più importanti della sua vita, portandolo alla consapevolezza di quanto l’avidità e la cattiveria abbiano segnato la sua intera esistenza. È però la visione del suo futuro, un futuro terribile, dove morirà abbandonato, accompagnato solo dall’enorme peso di una vita di peccati e cattiveria, a favorire il cambiamento del vecchio Scrooge che, cosciente dei propri errori, capisce che non è troppo tardi per rimediare e diventare una persona migliore.
“Canto di Natale” è stato scritto con il desiderio di coinvolgere e appassionare grandi e piccoli attraverso personaggi curiosi e accattivanti, scene commoventi, luoghi apparentemente normali resi speciali grazie all’eccezionale capacità descrittiva dell’autore e a quel pizzico di magia che solo il periodo natalizio sa donare.
Dietro la trama fantasiosa e scorrevole è celata una morale profonda, colonna portante dell’intera narrazione, finalizzata a risvegliare sentimenti puri come l’amore e la bontà, il rispetto per gli altri e la capacità di apprezzare le piccole cose non solo a Natale, ma ogni giorno dell’anno.
In questo modo Dickens ci mostra che ognuno è artefice del proprio destino, pertanto tutti possono migliorare, cambiando il proprio atteggiamento e alimentando il proprio spirito con principi nuovi, in grado di curare i peccati dell’anima.
Consiglio vivamente questo libro a tutti, non solo per la fama e l’originalità del racconto, ma soprattutto perché molto spesso dimentichiamo quali sono i valori fondamentali della vita e non diamo il peso necessario alle piccole cose, che alla fine risultano essere sempre le più importanti, perciò a volte servono un buon libro e la gioia del Natale a ricordarcelo!
Perché leggere un libro
Di Alice Malintoppi
Ci è stato sempre imposto come un obbligo. Abbiamo perso il piacere di aprire un libro e lasciar che le parole aprano in noi nuovi mondi. Abbiamo perso il valore delle parole lasciandoci sopraffare da abbreviazioni, emoticon e tanti altri slang del mondo dei social. Abbiamo anche perso il tempo di leggere, continuamente trasportati dalla realtà frenetica che viviamo.
Eppure, fortunatamente, c'è ancora qualcuno che è attratto da quelle raccolte di pagine piene di inchiostro chiamate libri. “Perché?” “Ma chi te lo fa fare?” “Tanto c'è il film!” “Ma dove lo trovi il tempo?” Queste sono solo alcune delle mille domande ed affermazioni che vengono rivolte ai lettori, talvolta, messi in difficoltà da esse non riuscendo a dare una risposta che soddisfi ciò che sentono dentro.
Molte volte il lettore si sente inadeguato al contesto circostante, inadatto, e vede in lui un problema da risolvere. Ciò lo porta a fingere di essere qualcun altro vergognandosi di ciò che è, e quindi della sua passione per la lettura. Sprono chiunque si sentisse così a non nascondersi, anzi, ad essere fieri del proprio io e magari provare a coinvolgere chi lo circonda nel magico mondo della lettura.
Perché leggere? Nella parola stessa c'è già una risposta. Semplicemente cambiando accento, leggère, possiamo riscontrare una caratteristica fondamentale che va contro ogni stereotipo: la lettura viene vista come una cosa pesante e noiosa, quando la parola stessa ci dice l'opposto.
Leggere per essere leggeri, non perché un libro sia piccolo, ma perché con esso puoi rilassarti e distaccarti dalla realtà, volando e fluttuando tra mondi immaginari. Leggere per essere liberi, per avere una propria idea su ciò che ci circonda, senza rimanere intrappolati nei luoghi comuni e formando, attraverso i libri, un pensiero autonomo e valido.
Leggere per essere infiniti ed eterni. “Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l'antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia.” Così scriveva Luis Sepulveda, noto scrittore cileno. Infatti leggendo, ognuno può essere chi vuole: un bambino può sentirsi grande ed un anziano può tornare bambino. Un libro è un mentore, un appiglio, una via di fuga dalla realtà insoddisfacente e da un presente incerto.
Leggere per viaggiare: con un libro in mano si può arrivare e andare dovunque. Dall'America, all'Africa, persino in India, tutto restando fermi sul comodo divano della vostra casa. Infatti Fraincis de Croisset scrisse: “La lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno”. Si possono immaginare infiniti spazi dietro alle parole, luoghi fantastici e lontani, forse, anche inesistenti nel mondo reale ma nel nostro sì.
Leggere per stare bene. Un libro può capirti meglio di ogni altra persona. Come una matita che continua una linea apparentemente conclusa; come uno spiraglio di luce in una stanza; come una mano che ti sorregge quando stai per cadere; come uno scudo quando tutto sembra crollare. Un libro può arginare le ferite della realtà e farti stare veramente bene.
E, come scrisse Daniel Pennac in “Come un romanzo”, “il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”. Quindi non preoccupiamoci di sprecare tempo per leggere, anzi, più lo sfruttiamo più ne guadagniamo.
“I libri, scelti bene, caro Giacomo, possono salvarti la vita, soprattutto quella fragile, facendole cogliere il frutto del futuro che ha dentro.” Per finire questa citazione, tratta da “L'arte di essere fragili” di Alessandro D'Avenia, spiega l'essenza della lettura e se inizialmente poteva sembrare esagerata ora non lo è più: un libro può veramente salvare una persona, soprattutto fragile, facendole riscoprire la bellezza che c'è nel mondo con la cosa più bella e vera che ci sia, le parole.
Queste Oscure Materie di Philip Pullman
di Francesco Ercoli
Queste Oscure Materie, è il nome della trilogia composta da “La Bussola D’oro”, “La Lama Sottile” e “Il Cannocchiale D’ambra”. Questi tre libri di genere Fantasy sono stati pubblicati fra il 1995 e il 2000 da Philip Pullman. Il successo, soprattutto del primo libro, fu tale che nel 2007 Chris Weitz ne curò l’adattamento cinematografico.
Nonostante il discreto successo del film “La Bussola D’oro”, l’adattamento si distaccava completamente dagli scenari del libro e cambiava drasticamente la psicologia di molti personaggi, tanto che, aiutato dall’assenza di una vera e propria conclusione, che sarebbe dovuta arrivare con ben due sequel, fu ritenuto “Non Canonico” dai più accaniti fan della serie, decretando la fine del progetto.
Nel 2019 però grazie alla serie televisiva “His Dark Materials” di HBO, tutt’ora in corso, si è riusciti a trasporre con successo la trilogia almeno sul piccolo schermo. La serie riflette infatti pienamente i libri e anche le più sottili descrizioni paesaggistiche sono state sceneggiate con successo!
Di seguito vi racconto solo la trama del primo libro e vi invito a leggere la trilogia o a guardare la serie televisiva di HBO!
La Bussola D’oro si apre con la descrizione di un universo parallelo al nostro, dove tutti gli esseri umani sono accompagnati dall’inizio alla fine della loro vita da un’animale guida, il Daemon, anima e voce della loro coscienza. In questo mondo Steampunk tecnologicamente avanzato, la chiesa, sotto il nome di Magisterium, controlla ogni aspetto della società ed è ritenuta l’organo di governo massimo da ogni regione e stato del mondo.
La protagonista della storia è Lyra Belacqua, orfana che vive in un college di Oxford, accompagnata dal suo Daemon Pantalaemon. Lyra è considerata dal Magisterium la ragazza destinata ad avverare “La profezia della Polvere”, ovvero la profezia secondo cui la nuova Eva aprirà un varco fra i mondi portando il peccato supremo in ogni universo. La Polvere infatti osservata nel fenomeno dell’aurora Boreale, è considerata dalla chiesa la causa di tutti i mali poiché secondo alcune osservazioni scientifiche, essa è attratta solo dai Daemon, quindi le anime, degli adulti e non da quelli dei bambini considerati Puri.
Lyra, dopo aver incontrato suo zio, ricercatore sulla polvere scomunicato dal Magisterium, partirà alla ricerca del suo migliore amico scomparso, incosciente della profezia. La meta del suo viaggio è il grande nord dove vivono streghe e orsi guerrieri. Qui la ragazza scoprirà che il Magisterium, nel nome dell’Autorità, ovvero Dio, sta conducendo esperimenti di separazione e imprigionamento dei Daemon dei bambini che rapisce in giro per il mondo. Dopo essere riuscita a liberare questi bambini ingannando la madre, che pensava fosse morta, Lyra porterà suo padre, che pensava fosse suo zio, ad aprire un varco fra i mondi scatenando una guerra inter universale dalle proporzioni stratosferiche.
CINEMA
Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato,
un mondo infinitamente dolce
Di Ludovica Guetti
Una delle più grandi trasposizioni cinematografiche dell’omonimo libro, è Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (2005), un film diretto da Tim Burton che è nascosto segretamente nel cuore di ogni adulto e bambino.
Trama: Il film narra la storia di Charlie Buket, un bambino molto povero che vive con la sua famiglia in un’umile casa. Charlie ama molto il cioccolato, però riceve solamente una tavoletta all’anno per il suo compleanno, non potendosene permettere altre. Una sera suo nonno racconta al bambino di aver lavorato con il più grande cioccolatiere al mondo: Willy Wonka, che costruì un’enorme fabbrica proprio nella loro città, la quale chiuse tempo dopo poiché i rivali di Wonka inviarono delle spie nella fabbrica per rubare le sue ricette segrete.
Proprio il giorno dopo Willy Wonka fece un annuncio che sconvolse il mondo: aveva nascosto in cinque tavolette di cioccolato dei biglietti d’oro, chiunque ne avesse trovato uno avrebbe avuto la possibilità di visitare la fabbrica ed uno dei cinque bambini avrebbe vinto un premio speciale. I primi quattro biglietti vennero trovati da bambini viziati e arroganti, mentre il quinto venne trovato, con un vero colpo di fortuna, da Charlie che si fece accompagnare dal nonno nella grande fabbrica.
Durante il giro molti flashback rivelano l’infanzia di Willy, figlio di un famosissimo dentista che gli vietava di mangiare qualsiasi tipo di dolce. Un giorno però riesce a mangiare di nascosto un cioccolatino e da lì inizia la sua passione per il cioccolato, così forte tanto da farlo scappare di casa volendo lui visitare le città più rinomate al mondo per la produzione di dolci, nonostante il padre gli avesse promesso che se fosse tornato non lo avrebbe più trovato.
Continuato il tour all’interno della fabbrica, a differenza di Charlie, gli altri ragazzi si rivelarono disubbidienti e fastidiosi e vennero colpiti da una serie di sfortunati eventi. Rimane quindi solo Charlie che vince il premio: la fabbrica stessa.
Il signor Wonka riaccompagna a casa il bambino e suo nonno e racconta a tutta la famiglia di come un giorno mentre si sottoponeva al suo solito taglio di capelli, notò di averne uno bianco, capì quindi che stava invecchiando e che aveva bisogno di un erede che prendesse in mano la fabbrica. Charlie felice del suo premio, alla fine rifiutò, perché scoprì che per avere la fabbrica avrebbe dovuto rinunciare alla sua famiglia, per lui la cosa più importante; così Wonka deluso, ritornò alla fabbrica.
Un po’ di tempo dopo i due si rincontrano e Willy ripropone l’offerta al bambino il quale chiede cos’abbia contro le famiglie, così il cioccolatiere rivela il suo difficile rapporto con il padre ed insieme decidono di andare a trovarlo.
Riallacciati i rapporti con il padre, Willy, sotto richiesta di Charlie, decide di far trasferire tutta la famiglia del bambino nella fabbrica che, grazie al lavoro del figlio poté permettersi un andamento di vita migliore e cosa più importante Willy Wonka trovò tutto quello che non aveva mai avuto: una famiglia.
Riflessioni: In questo film si capiscono il comportamento e il carattere di Willy: a metà tra il bambino ed un uomo, introverso, odia il mondo esterno, non ama avere contatti con le persone e non riesce neanche a pronunciare la parola “famiglia” per colpa dell’assente padre e colma la sua solitudine con la fantasia nel fare dolci.
Ad un certo punto della sua vita scopre la mortalità e cerca un erede con un viaggio che riprende un po’ quello dantesco con una punizione per ogni vizio capitale, anche per i genitori, per la cattiva educazione che hanno dato ai figli.
Sceglie Charlie per la sua infinita umanità, bontà, e perché è un ragazzo povero al quale, all’apparenza, non sembra mancare niente: un bambino che in realtà è già un adulto, che ha ciò che a Willy manca da sempre: una famiglia. Grazie a Charlie, Willy Wonka riesce ad affrontare il suo passato, riallacciando i rapporti con il padre e anche ritrovare la creatività perduta.
I classici natalizi del dopoguerra
Di Alessia Azzurro
Verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, durante il periodo natalizio uscirono diversi film che comunque dovevano, in un qualche modo risollevare l’umore della gente.
Tra questi vi è “Bianco Natale”, “White Christmas”, diretto da Michael Curtiz e uscito nel 1954: una commedia musicale e strumentale. Racconta di due amici, ex soldati, che conoscono due sorelle e decidono di unirsi per fare degli spettacoli natalizi. Un giorno decidono di andare in vacanza per sciare sulla neve, ma la neve non arriva. Finiscono nell'albergo Columbia, il cui proprietario è l'ex generale dei due amici, ed egli confida loro che, a causa del tempo, sta fallendo. Così la compagnia organizza degli spettacolini natalizi per aiutare l’ex generale.
Sicuramente uno tra i più celebri è il film “Il Sergente e la Signora”. Risale al 1945 ed è un film in bianco e nero. Racconta di una redattrice della rivista “La vostra Casa”, che ha riscosso un così grande successo con i suoi articoli incentrati sulla propria famiglia e sul perfetto ambiente casalingo, che il suo caporedattore ha ben pensato di costringerla ad ospitare un reduce di guerra in occasione della prossima Vigilia di Natale. Peccato però che i suoi articoli siano tutti inventati: Elisabeth non è sposata e non vive nella bellissima casa tanto ben descritta nei suoi articoli. Questo film sarà certamente apprezzato da chiunque ami i film i bianco e nero preferito fino ad ora da un pubblico per adulti.
Un altro successo natalizio è “La vita è meravigliosa” uscito nel 1956. La trama è incentrata sulla storia di George Bailey, un uomo nato e cresciuto in una piccola cittadina rurale che, dopo aver rinunciato per tutta la vita a sogni e aspirazioni pur di aiutare il prossimo, è sul punto di suicidarsi la sera della Vigilia di Natale. In suo soccorso arriverà un angelo custode mandato da Dio. Il film ottenne 50 candidature ai premi oscar e fu candidato per numerosi altri premi.
Uno dei punti di riferimento tra i classici, che ancora oggi sono visti e rivisti, è “A Christmas Carol” uscito nel 1947. L'avaro e gretto Ebenezer Scrooge, alla Vigilia di Natale, non vuole fare la carità né è intenerito dalla visita di un nipote. Tornato a casa, Scrooge vede il fantasma del suo ex socio che lo mette in guardia. La notte, verrà poi visitato da tre spiriti: lo spirito del Natale passato, lo spirito del Natale presente e lo spirito del futuro che lo attende se non cambia atteggiamento verso gli altri. Quest’ultimo film è stato fondamentale per buona parte dei miei Natali durante l’infanzia.
Big Fish
Di Niccolò Sabatini
Regista: Tim Burton
Attori principali: Ewan McGregor,
Billy Crudup, Jessica Lange
Genere: fantasy, anticonformistico
Trama: Un giornalista vuole saperne di più sul padre moribondo, cercando la verità tra le righe delle storie fantastiche che raccontava.
Sul letto di morte Edward Bloom racconta ancora una volta la versione fantasiosa della sua vita. Il figlio, frustrato da fatto di non sapere la verità, inizia a indagare sul passato del padre, ma non tutto ciò che il vecchio Edward racconta sembra essere inventato…
Riflessioni: Nella sua assurdità, il film diventa molto piacevole. Il significato principale è quello di mostrarci come una storia semplice possa diventare memorabile con l’aggiunta di qualche esagerazione; il cambiamento di una persona scettica, che si attiene ai fatti, evitando la fantasia in cui ha sempre creduto da giovane.
Interessante il forte distacco tra la realtà e la storia, la prima rappresentata in modo grigio e tranquillo, la seconda in modo luminoso e frenetico.
Stardust
Di Niccolò Sabbatini
Regista: Matthew Vaughn
Attori principali: Charlie Cox, Claire Danes,
Mark Strong, Michelle Pfeiffer
Genere: fantasy, avventura, ottimista
Trama: Per conquistare il cuore della sua amata, Tristan si spinge in un regno lontano per recuperare una stella caduta con sembianze umane.
Nel tentativo di conquistare la donna di cui è innamorato, Tristan spezza il muro che divide gli umani da un mondo misterioso, nel quale la stella che ha visto precipitare ha sembianze umane, ma non è l’unico che la sta cercando… Nel frattempo i sette figli di quel regno si contendono la corona, andando a incrociare le loro vite con quella di Tristan.
Riflessioni: Una favola incredibile, la rappresentazione esagerata di un mondo di fantasia, nel quale la speranza rende tutto un divertimento. Il film rompe anche gli standard dell’amore, andando oltre il senso di solo amore, ma rappresentandolo anche come coscienza della vita dell’altro.
I personaggi, all’apparenza superficiali, rappresentano alcuni dei problemi più profondi dell’anima degli uomini: il giudizio, l’inadeguatezza, la brama.
Truffaut e “Baci Rubati” approdano su Raiplay
Di Letizia Maria Petracci
“Un giorno, in collegio, la mia professoressa spiegò la differenza fra il tatto e l’educazione. Un signore, in casa di amici, apre la porta di una stanza da bagno e scopre una donna nuda: si ritira subito, chiude la porta e dice “Oh, scusi, signora”. Questa è educazione. Lo stesso signore, aprendo la stessa porta, scoprendo la stessa donna nuda, dice: “Oh, scusi, signore”. Questo è tatto.”
La delicatezza è la caratteristica prima del cinema di Truffaut: non c’è nulla di volgare, non c’è situazione che richieda una sfuriata, non c’è un’inquadratura che non colga il dettaglio che a molti sfuggirebbe. Così come l’idea di seguire con la macchina da presa la crescita di un bambino che diventa uomo.
“Baci Rubati” del 1968 è il terzo capitolo della saga di Antoine Doinel, alter ego del cineasta Francois Truffaut: nel primo capitolo “I quattrocento colpi” lo spettatore segue Antoine nelle sue avventure di bambino ribelle; mentre nel film “Baci Rubati” il personaggio interpretato dall’attore Jean-Pierre Léaude, è cresciuto e il regista racconta le sue peregrinazioni amorose.
Antoine ricorda un po’ Forrest Gump: personaggi tranquilli, che sognano una vita normale e accettano gli imprevisti con una nonchalance che a molti colpisce come disarmante. Antoine cresce in questa pellicola: prende consapevolezza di sé e tutte le sue azioni sono determinate da questo suo costante cambiamento.
Non si ferma mai: vaga tra i suoi sentimenti e per la bellissima città di Parigi, cambia costantemente lavoro. È sempre a contatto con persone e donne diverse, ma sembra non vivere mai veramente il momento: sembra vivere il suo mondo, in un mondo più grande di lui.
È questo un film sul fascino della leggerezza: Antoine cerca disperatamente la sua identità, basti pensare alla scena davanti allo specchio, come un qualunque giovane spensierato di vent’anni farebbe. Deve ancora capire tutto della vita, ma non si tira indietro.
La pellicola è tra le più importanti della storia del cinema e finalmente la piattaforma Raiplay ha deciso di omaggiare il grande regista caricando diverse opere dei più vasti generi: si può definire “Baci Rubati” come una commedia malinconica, ma per gli appassionati si trovano anche film più impegnativi.
Truffaut è un regista da conoscere e analizzare: le sue opere non sono mai convenzionali perché fuggono la banalità, senza però arrivare al bizzarro. C’è sempre un equilibrio tra ciò che viene raccontato e il modo in cui viene fatto: si utilizzano inquadrature, musiche e ambienti familiari a chiunque che descrivono un modo di essere uomo, ricco di debolezze e tanto amore per la vita.
Into the Wild - Nelle terre selvagge
Di Elisabetta Lattanzi
Trama: Chris, giovane brillante, si è appena diplomato al college e ha davanti a sé un promettente futuro. Tuttavia un giorno decide di scappare di casa per i continui litigi con i genitori, i quali non sono mai riusciti a comprenderlo e ad amarlo fino in fondo, dediti soprattutto al consumismo e al denaro. Chris dunque abbandona tutto: regala in beneficienza i suoi risparmi per l’università e si sbarazza dei documenti facendosi chiamare Alexander Supertramp, e parte senza meta, on the road. Alla ricerca di sé stesso, privato di ogni bene materiale e volendo stare il più possibile a contatto con luoghi selvaggi. In mente il ragazzo ha solo un obiettivo: raggiungere l’Alaska.
Riflessioni: Film capolavoro, diretto nel 2007 da Sean Penn, non solo grande attore ma anche grande regista, narra la vera storia di Christopher McCandless, già raccontata nel libro di Jon Krakauer “Nelle terre estreme”.
Storia affascinante, che non può di sicuro lasciare indifferenti, di un ragazzo spinto da un’urgenza esistenziale così grande, tanto da partire da solo e girare gran parte degli Stati Uniti con uno zaino in spalla e nient’altro. Cosa sta cercando? Dove sta andando? Da cosa sta scappando? Queste le domande principali che emergono dal film. Domande che pongono al centro il problema di ogni uomo: la felicità. Noi la cerchiamo costantemente, la desideriamo, però non la sappiamo vedere o cogliere e per questo spesso in noi è forte l’istinto di voler partire e andare a cercarla altrove.
Chris, caratterizzato da un’indole avventuriera sin da piccolo, si butta senza paracadute nella vita, essendo forte in lui il desiderio di essere libero, di poter vivere pienamente e di godere della bellezza. Intraprende questo viaggio da solo, ma durante il percorso incontra delle persone pronte a tendergli una mano: una particolare coppia hippy, una giovane ragazza innamorata di lui, ma soprattutto un anziano vedovo la cui fede interroga il ragazzo.
Incontri significativi di amicizia che però non lo distolgono dal voler raggiungere le terre selvagge dell’Alaska, per restare in solitudine con sé stesso. Ma ciò che Chris vivrà, lo porta a cambiare prospettiva e a dire << La felicità non esiste se non condivisa>>.
Un film frutto di un grandissimo impegno e lavoro da parte del regista Sean Penn, che dovette aspettare quasi 10 anni per ottenere i diritti cinematografici di questa storia, la cui attesa però è stata di certo ripagata.
Da mettere in evidenza la bravura del giovane attore protagonista Emile Hirsch, che riesce a portare avanti, per metà da solo, un film molto impegnativo. Inoltre contribuiscono ad arricchire il tutto una fotografia mozzafiato e una colonna sonora indimenticabile.
La vita davanti a sé
Di Elisa Bacalini
Genere: Drammatico
Durata: 94 minuti
Regia: Edoardo Ponti
Alcuni attori: Sophia Loren, Ibrahima Gueye, Abril Zamora
Trama: “La vita davanti a sé” è tratto dall’omonimo romanzo francese di Romain Gary del 1975; questo è il secondo adattamento cinematografico, preceduto da una prima versione del 1977.
La pellicola narra della straordinaria, quanto insolita, amicizia fra madame Rosa, anziana signora ebrea con un passato da prostituta, e Momo, bambino orfano di origine senegalese.
Questo è tormentato da un passato difficile, e durante il suo affidamento dal dottor Cohen trova famiglia in una banda di spacciatori. D’un tratto la sua vita cambia con l’insolito incontro con la donna e la sua combriccola: Hamil, bimbo ospitato dalla stessa, e Lola, ragazza transgender. Dapprima si mostra ostile a loro e ne vorrebbe fuggire, rifugiandosi nel porto sicuro della criminalità, ma nel corso della vicenda il loro rapporto muterà …
Riflessioni: Ambientato in una splendida Bari, della quale vengono mostrati scorci “popolari” e vivaci, il film lentamente scava e si insinua nel cuore di chi lo guarda. Il rapporto tra i due protagonisti, così diversi per etnia, età, religione, ma accumunati dal dolore vissuto e un’etichetta da “reietti”, intenerisce e pone il dubbio sull’esistenza di un “altro”, di una barriera sociale che non sia valicabile.
È possibile apprendere qualcosa da entrambi: Rosa è una donna indurita dal passato, la leonessa tanto menzionata nella pellicola, con “la poesia dell’inganno negli occhi e nella voce”, che si fa madre amorevole impartendo aspre lezioni; Momo è inizialmente inavvicinabile, si ritrae impaurito come un cucciolo che è già stato maltrattato dalla vita, ma impara il valore della fiducia e della famiglia. Questa, per quanto bizzarra, sarà basata non su sporchi affari economici ma rapporti imprescindibili e dettati dall’affetto reciproco.
Il film mi ha fin da subito incuriosito per la massiccia pubblicità che lo ha accompagnato e la produzione Netflix. Questo ha superato le mie aspettative, restituendo con una breve durata (circa un’ora e mezza) una storia semplice, pulita ma profondamente toccante. Sono stata catturata dalla restituzione di un’Italia viva, per le vedute baresi e il marcato accento di Madame Rosa, che proiettano lo spettatore sullo sfondo della vicenda.
Consigliato…: Rimane una visione leggera pur nella sua classificazione drammatica, da vedere in famiglia o tra amici, se in cerca di qualcosa di più serio e riflessivo.
SPORT
La storia del pattinaggio sul ghiaccio
Di Sveva Maria Pilati
Il pattinaggio sul ghiaccio si ritiene sia nato attorno al 300 a.C. nei paesi scandinavi e nell'estremo nord-est europeo, con pattini e lame di osso di bue o di una particolare razza di cavallo.
I pattini erano un mezzo di trasporto ottimale sulle superfici ghiacciate di laghi e fiumi, ma confrontati con gli attrezzi moderni avevano una scarsa efficacia, tant'è che il pattinatore si serviva di un bastone per darsi la spinta e restare in equilibrio.
La pratica di attraversare i canali ghiacciati mediante l’utilizzo di pattini di legno si diffuse particolarmente nei Paesi Bassi sin dalla fine del 1300. Questo fatto è testimoniato dall’opera "Vita alme virginis Lydwine" di J. Brugman, che narra la vita di santa Liduina di Schiedam paralizzata a causa di una caduta sui pattini e per questo eletta a patrona dei pattinatori.
Attorno al 1585, durante l'esilio in Olanda del re inglese Carlo II, suo figlio James duca di Monmouth si impadronì di questa attività e al suo rientro in patria diffuse il nuovo sport presso l'aristocrazia inglese, questa pratica diventò famosa in tutto il mondo nel XVIII secolo.
Il pattinaggio sul ghiaccio è uno sport a livello effettivo e le sue discipline sono: pattinaggio di figura, pattinaggio di velocità e short track; alcune di queste sono specialità vengono praticate a livello olimpionico.
Nel pattinaggio artistico, i pattinatori svolgono movimenti, salti, piroette e passi per formare una coreografia chiamata solitamente programma. I salti sono: axel, lutz, flip, loop, salchow e toe loop. Il più facile è il toe loop, mentre il più difficile è l’axel, si possono svolgere semplici, doppi, tripli, e quadrupli.
L’axel è stato inventato dal pattinatore norvegese Axel Paulsen nel 1882, il primo doppio axel fu invece eseguito dal pattinatore statunitense Dick Button, durante le Olimpiadi Invernali del 1948.
Le piroette sono di tre tipi alte, basse, angelo. Le competizioni per ragazzi sono anch’esse divise in tre categorie: interregionali, nazionali, elite.
Per vincere una gara non è fondamentale eseguire solo figure complicate: basta un esercizio misto, eseguito in maniera corretta, con eleganza e agilità.
La tregua di Natale del 1914
Di Giovanni Pompei
Sembra un racconto natalizio quello accaduto, durante la prima guerra mondiale, nel Natale del 1914 tra soldati Tedeschi, Britannici e Francesi nelle Fiandre, in Belgio.
Durante il giorno di Natale i soldati, ognuno nelle proprie trincee, incominciarono a cantare e ad addobbare gli alberi; un uomo tedesco uscì poi disarmato e anche i britannici, increduli, si diressero verso i tedeschi, che fecero la stessa cosa. In una lettera il soldato Dougan Charter scrisse alla propria famiglia:
“Ho visto la cosa più straordinaria che si possa vedere: stavamo per sparare a quel tedesco e poco dopo eravamo tutti in festa”.
I soldati una volta usciti dalle trincee incominciarono a fraternizzare tra loro, a scambiare cibo, doni, liquori, sigari, strette di mano: nella canzone dell’artista inglese Mike Harding, dal titolo “Christmas 1914”, si canta “Fritz portò sigari e brandy, Tommy della carne di manzo e sigarette”.
Nel diario di campo del 133° Reggimento sassone si parla infatti di un tedesco di nome Fritz e anche di Tommy, un soldato inglese, che si mise a tagliar capelli ai nemici in cambio di qualche sigaretta. Viene inoltre raccontato “I fucili rimasero in silenzio senza disturbare la notte. Parlammo, cantammo, ridemmo e a Natale giocammo a calcio insieme, nel fango della terra di nessuno”.
Infatti in quegli anni il calcio era molto praticato sia in Germania che in Inghilterra, e con un pallone incominciarono a improvvisare delle partite di calcio. Il 133esimo reggimento Reale Sassone racconta di un match tra la formazione di Tommy e quella di Fritz, nomi comuni per indicare i britannici e i tedeschi:
“Il terreno gelato non era un grande problema. Poi abbiamo organizzato ogni lato in squadre, allineando in righe multicolori, il calcio al centro. La partita si è conclusa 3-2 per la squadra di Fritz”.
Il fatto venne raccontato a New York e in Francia, poiché venne visto come un gesto veramente positivo, a differenza della Germania che, per alcuni anni, cercò di censurarlo. Come in questo caso, lo sport, ma soprattutto il calcio, è stato un gesto di unione, libertà e un modo per fraternizzare.
Il ghiaccio nel cuore: la storia di Armin Zoggeler
Di Greta Antolini
Tutto nasce da un sogno ricorrente. È estate e Armin si trova sul sentiero che porta alla pista quando un’enorme vipera che lo sta fissando lo costringe a fuggire lungo la discesa. Lui corre più veloce che può ma la bestia è sempre più vicina.
Armin si sveglia. Sa che oggi non deve avere paura perché è inverno e suo nonno gli ha detto che non ci sono vipere quando c’è neve. Sale sulla sua slitta e corre giù dal maso dove vive con la sua famiglia verso il paese per andare a scuola.
È proprio lungo questo tragitto ghiacciato che impara a controllare la sua fedele slitta e a farla andare veloce tra gli alberi, tanto che, nelle gare con gli amici è sempre lui il vincitore. Si sta rendendo conto che non può fare a meno di questo sport. Si allena costantemente. A undici anni vince la sua prima gara internazionale su pista naturale e il suo allenatore, convinto delle sue capacità, decide di iniziare a farlo gareggiare sulle piste artificiali, specialità presente anche nei giochi olimpici.
Questa nuova disciplina regalerà ad Armin Zoggeler un trionfo dopo l'altro. A sedici anni vince la sua prima coppa del mondo, ma questa è solo una delle vittorie ottenute in età giovanile. È costretto a lasciare Merano, luogo di nascita, per intraprendere un lungo viaggio che lo porterà a gareggiare in tutte le piste del mondo raccogliendo una vittoria dopo l’altra, cinquantasette in totale nella disciplina dello slittino su pista artificiale da singolo.
Atleta di grande fama prende parte a mondiali, europei e a ben sei giochi olimpici invernali, ottenendo una medaglia in ognuno di essi. In gara non lascia posto alle emozioni. Si concentra sul suo obiettivo e lo raggiunge ad ogni costo. Sfreccia tra le curve dei circuiti con leggerezza e maestria, è sicuro nel movimento, taglia il vento con precisione.
Veste la maglia azzurra e si allena con il corpo sportivo dei carabinieri dove riveste il ruolo di maresciallo. La passione che aveva da piccolo non si è mai spenta. L’emozione di prendere il borsone e di andare ad allenarsi è rimasta invariata lungo tutta la sua carriera che si è conclusa dopo l’oro nei suoi ultimi giochi olimpici del 2014 a quarantuno anni. Nel 2011 è stato eletto dalla Gazzetta dello Sport sportivo italiano dell’anno e nel 2014 il CONI lo ha proclamato portabandiera della delegazione italiana ai giochi olimpici.
Ora allena la nazionale italiana di slittino su pista artificiale. Ha trasmesso la sua passione alla figlia Nina che si allena anche lei, come il padre, nella società dei carabinieri. Armin Zoggeler ci ha regalato molti titoli ma credo che ciò che lo ha reso invincibile sia stata la sua grande determinazione con la quale ha affrontato gare, piste e avversari anche più forti di lui.
Scivolando sul ghiaccio ci ha insegnato che perseguire un sogno vuol dire avere coraggio e rischiare, sfidare il tempo, il vento e la velocità, vuol dire concentrarsi ed estraniarsi dalle emozioni per poi sprigionarle nella gioia di una vittoria.
POESIE
Have a Dip
Valeria Maria Luzi
Ho preso una stella in mano
Un attimo dopo la sabbia bagnata
Sento calore nelle mie mani
Un dolce croissant
Irraggiungibile, una bolla di vetro circonda la mia testa
Prima il picco, poi il fondo e viceversa
Immergiti
Colori
Di anonimo
Rosso, giallo, arancione
colori d’autunno
di fine, tristezza
e nostalgia.
I colori della mia nazione.
La sera prima di Natale
Di Marta Battistelli
Mi sfiori il viso
disegnando i contorni
del mio sorriso
leggero
bianco
fragile
che solo lui
riempie gli angoli vuoti
del silenzio.
È buio
la piazza vuota
il cuore pieno
scompaiono i pensieri
appaiono solo le stelle
le hai mai viste così?
Si confondono con la neve
sulle tue ciglia
che incorniciano quei tuoi occhi
così gelidi
eppure quanto amo
sentire il loro calore
sull'anima mia
Natale
di Laura Fiorella Necoara
"Stella del Nord che sì austera
senza riposo vai pel ciel la sera,
perché tanto ardore in te s'aduna
che fatti più lucente della luna?
Un dio certo te'l donò, cometa,
ma a che favor ti fa sì lieta?"
"Oh mago che da lungi vieni,
sul labbro'l tuo sorriso pur mantieni:
la notte santa è a dir ché è nato
degli uomini il salvator beato.
I' son non stella ma d'un angiol lume
che annuncia sulla terra il nascere d'un nume.
Altri ancor vanno alla grotta pia
a pur mirar il salvator qual sia:
vieni tu pur ché il venir t'è dato.
Osanna in terra! Sii, oh dio, lodato."
"Al dio che tu dici non do fede,
i' no'l conosco: indi non muovo il piede.
Ho tre compagni e d'ei hai vinto il core,
i' sol vedrò il tuo argenteo ardore."
E l'astro spense altrove in fuga.
Dove morì come se'l ciel prosciuga
l'eternità in anella vorticava
e tutto l'infinito allor cantava
nel roseo scolorir dell'aurora
lo nascere del sol che nasce ancora.
Un posto
Di Emanuele Pistolesi
Siamo nuvole
vaganti in un
prato stellato,
fuori posto.
L'ORACOLO DELL' A. CARO
Di Elisa Bacalini
Minerva (21 marzo-23 aprile)
Un po' di allegria! Le feste sono ormai arrivate: mettete da parte quel muso lungo e godetevele! #uncavalloentrainunbar
Marte (21 aprile-20 maggio)
Le feste non sono solo sinonimo di viaggi! Cercate dentro voi e i vostri cari lo stimolo per rallegrarvi. #introspettivi
Romolo e Remo (21 maggio-20 giugno)
Vedete solo Amore, ed è un bene! Questo vi seguirà e consiglierà nel corso delle prossime settimane. #jackpot
Apollo (21 giugno-22 luglio)
Lasciatevi cullare dal dolce far nulla. Per voi staccare la mente dai soliti impieghi è difficile, ma con il supporto di Orfeo, possibilissimo! #stravaccati
Giove (23 luglio- 23 agosto)
Se quest'anno le rinunce vi sono sembrate troppe, non adiratevi! Il Fato potrebbe spazientirsi e colpirvi con qualche tiro mancino... #buonvisoacattivogioco
Venere (24 agosto-22 settembre)
Non aspettavate altro, ora sta a voi trovare i modi per godere il massimo dal periodo! #poteredellafantasia
Bacco (23 settembre- 22 ottobre)
Non sapete dove mettere mano nell'organizzazione di queste vacanze... e non fatelo! Il mare della τυχη è troppo imprevedibile, rischiereste una delusione. #daspettatori
Vulcano (23 ottobre-22 novembre)
É tempo di risolvere ciò che è rimasto in sospeso! Chiedete aiuto ad Icaro per spiccare il volo ma #senzaseguireilsuoesempio
Diana (23 novembre- 21 dicembre)
Vi sentite degli dei, ma non peccate di ύβρις. Dedicatevi dunque a faccende più umane: avete pensato per esempio ai regali di Natale? #homosum
Giunone (22 dicembre-20 gennaio)
Il caos domina questo periodo della vostra vita, come fare? In questo labirinto trovate il vostro filo contando sui veri amici. #φίλοι
Mercurio (21 gennaio- 19 febbraio)
Se la vostra vita sentimentale è più intricata di quella degli eroi greci non c'è da disperare! Con impegno e costanza i risultati arriveranno... #ricerca
Nettuno (20 febbraio- 20 marzo)
Risalite dall'Ade giusto per queste feste natalizie, pane per i vostri denti! #allegria
IN CUCINA CON GIOIA
Omini di pan di zenzero
Di Gioia Brengola
Salve a tutti! In vista del Natale, ho deciso di proporvi la ricetta degli omini di pan di zenzero. Questo dolce ha origine in Inghilterra, quando la regina Elisabetta I fece preparare dei biscotti dalle sembianze umane aromatizzati allo zenzero. Questa oltre ad essere una ricetta che appagherà il vostro gusto, può essere anche un’attività carina da svolgere insieme alla propria famiglia. Ecco a voi il procedimento!
INGREDIENTI:
350 g di farina
150 g di zucchero (preferibilmente di canna)
125 g di burro
1 uovo
1 cucchiaino di bicarbonato
90 g di miele
1 cucchiaino colmo di zenzero in polvere
1 cucchiaino colmo di cannella
una punta di chiodi di garofano.
PER LA GLASSA:
potete acquistarla già pronta nelle pratiche confezioni “a penna” (es: Decorgel) oppure prepararla con:
1 albume
150 g di zucchero a velo
1 succo di limone e coloranti alimentari (facoltativi)
DIFFICOLTÀ RICETTA
FACILE
TEMPO PREPARAZIONE
20 MIN (+30 MIN IN FRIGO)
PORZIONI
8 PERSONE
PROCEDIMENTO: Mescolate farina, zucchero e bicarbonato. Poi il burro a tocchetti, lo zenzero, la cannella e i chiodi di garofano. Quando il composto sarà diventato sabbioso aggiungete l’uovo e il miele. Quando vedrete l’impasto liscio avvolgetelo con la pellicola e lasciatelo in frigo per 30 minuti. Stendete poi l’impasto e con uno stampino ricavate i biscotti, ma se non avete uno stampino potete farli a mano con un coltello. Cuocete il tutto a 180° fino a che i biscotti non saranno diventati dorati. Se avete un prodotto simile al Decorgel aspettate che i biscotti siano diventati freddi per poi decorarli; se invece non lo avete, preparate la glassa: iniziate montando leggermente l’albume fino al raggiungimento di una leggera schiuma, unite poi lo zucchero, poco a poco, e il succo di limone. Dovreste ottenere una glassa lucida e liscia. Se volete renderla colorata aggiungete dei coloranti alimentari a vostro piacimento. Mettete ora il composto in una apposita siringa o in una sac à poche. Dopo esservi sincerati che i biscotti siano diventati freddi, potete decorarli disegnando occhi, bocca e ciò che preferite. Buon appetito e alla prossima!
IPSE DIXIT
(Lattanzi lamentandosi dei potenti mezzi per fare lezione)
Lattanzi: “ma ragazzi secondo voi si può fare lezione così?”
Classe: “No prof, è scomodissimo”
Lattanzi: “Avete ragione ragazzi, non ci tocca che sperare in un miracoloso e misericordioso meteorite. E voi ragazzi non sperate in un meteorite?”
(Alunni fanno violenza alla consecutio temporum)
Lattanzi: “Purtroppo ho il bazooka dal meccanico”
Lattanzi: “Perché non hai risposto?”
Alunno: “Perché non lo sapevo prof, ma adesso lo so”
Lattanzi: “Ah che bello, avere a che fare con gente sveglia che, dopo la quinta volta che si ripete un concetto, è come se fosse ancora la prima. Dopotutto la prima volta non si scorda mai.”
(Lattanzi chiede informazioni su un’alunna latitante dalle lezioni online)
Lattanzi: “Avete notizie della vostra compagna?
(Alunni scuotono la testa)
Lattanzi: “La vostra compagna è più inafferrabile di Megan Fox.”
(Alunna risponde 5 minuti dopo che la domanda era stata fatta)
Lattanzi: “Sei stata a Lourdes nel frattempo?”
Fortuna: “A voi ragazzi non piacerebbe avere un padre che vi porta a vedere l’Acropoli e vi fa mangiare salsicce e bere vino?
Alunno: “Beh prof, magari un po’ di vino rosso con della carne rossa ci starebbe eccome, oppure un po’ di vino bianco con della carne bianca o del pesce, andrebbe bene comunque.”
Fortuna ridendo: “Tu che sei un gaudente adesso fai la frase 5 e 6.”
Alunna: “A me ha particolarmente colpito l’episodio di Eurialo e Niso.”
Cantatore: “Ti prego non dirlo mai più.”
Alunna: “Perché cosa ho detto prof?”
Cantatore: “Questa ormai è una forma di uso comune, sarò io la fissata ma, prima o poi andrò dal Presidente dalla Repubblica a fare causa, che non ne posso più di sentire questa forma.”
(Lattanzi disperato, prende un foglio arrotolato, come se fosse una canna)
Lattanzi: “Evidentemente ciò che ho in casa non è ancora abbastanza forte.”
Lattanzi: “Che complemento è?”
Alunna: “Complemento accusativo.”
Lattanzi: “Fantastico, complemento accusativo e caso oggetto.”
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La Redazione